La nostra storia
Cara Marta,
non ci sei più, ci hai lasciato all’improvviso in un immenso dolore: i tuoi genitori, i parenti, gli amici, noi tutti e i bambini a cui hai dedicato così tanto amore e gioia e ai quali trasmettevi tanta voglia di vivere.
Ricorderemo sempre la felicità con cui ti accoglievano i bambini e i ragazzi e ricorderemo per sempre il tuo amore e la tua dolcezza.
Ti ringraziamo noi, per l’amicizia e l’enorme sostegno che ci hai dato e per la tua disponibilità, ti ringraziano i rom e i sinti e ti ringraziano soprattutto i bambini sconvolti dalla tua scomparsa. Eri giovane, già conosciuta e stimata da molti e da tutti quelli a cui hai dedicato la tua vita, soprattutto le persone deboli ed emarginate da una società ingiusta. Troppo giovane e brava per lasciarci a 30 anni !
Sempre pronta a dare una mano a chi aveva bisogno, tenace, seria e professionale nel tuo lavoro, ci hai lasciato un vuoto enorme.
Non ti dimenticheremo mai e non ti dimenticheranno soprattutto tutti i bambini che hanno avuto la gioia e la fortuna di conoscerti in questi anni e di esserti amici.
Ciao
Marta
Tutti gli amici e colleghi dell’Opera Nomadi e i rom e i sinti di Padova.
Vorrei salutare Marta con una frase di Ernesto Che Guevara in una lettera ai figli: “siate sempre capaci di sentire nel più profondo qualunque ingiustizia commessa contro chiunque in qualunque parte del mondo”; l’ho voluta citare perché Marta ne era profondamente convinta.
Cara Marta speriamo che anche a Te venga resa giustizia anche se tutto ciò non servirà a restituirti ai tuoi genitori e a noi tutti.
Ciao Marta
Renata

Alla voce dei lettori
Il dolore per una perdita è un sentimento che provano tutti gli esseri viventi; è ormai una certezza scientifica.
E’ noto che gli elefanti “piangono” davanti al corpo di un membro del loro branco morto.
Ma un gruppo, secondo molti luoghi comuni(suffragati dai media e da una politica poco “nobile” che punto si impegnano per sgonfiare rancori ed emotività) prova un dolore “diverso” o, forse, non lo prova affatto.
Gli “zingari”.
Non potrò dimenticare lo strazio evidente dei genitori dei bimbi rom morti nell’orrendo rogo di Livorno abbracciati alle piccole bare.
Genitori che, per quanto mi risulta, sono ancora in carcere anche se, sempre per quanto mi risulta, la pista dell’incendio doloso ( e, quindi, di un infanticidio plurimo premeditato!) non è stata esclusa.
L’onda mediatica avanzò ipotesi vomitevoli su quel “supposto” dolore; c’era chi latrava sostenendo che certe etnie non provano questo sentimento.
Sono abituate a trascinarsi appresso nidiate di figli trascurati; uno in meno è ininfluente!
A contare i morti ci sono abituati, purtroppo, dall’ Olocausto zingaro ( il Porrajmos) nei lager nazisti alle varie pulizie etniche degli anni più recenti ai continui, spaventosi incidenti che si verificano in quell’anticamera dell’inferno che sono i campi nomadi.
Ma questi numeri sono coperti da una rimozione voluta, da un’imperdonabile manipolazione della storia; specie se e la storia degli ultimi.
Giovedì 10 mi sono recata a rendere omaggio all’obitorio a Marta Cimento e ho visto il dolore degli “zingari”.
E, dignitosi e dolenti.
Erano molti, rom e sinti, italiani e slavi, donne,uomini,bambini.
Erano lì per ringraziare Marta.
Le donne sostavano piangendo in cerchio attorno al corpo di Marta.
Gli uomini col volto tirato entravano e la fissavano in silenzio, come si fissa una Madonna.
I bambini, sono bambini! Uno è uscito chiedendo ad una operatrice :-Oggi non li facciamo i compiti?-
Baciavano Marta prima di uscire come se dovessero vederla il giorno dopo.
C’erano alcuni ex-alunni delle nostre scuole e alcuni genitori di bambini attualmente frequentanti. Qualcuno non vuole entrare, più d’uno. – Non posso,non posso!-
-Voglio ricordare com’era-
Sconvolge tutti la morte assurda di questa giovane, coraggiosa e generosa donna. E ha dolorosamente colpito la comunità zingara di Padova.
Alla camera ardente c’erano la famiglia, alcuni operatori ed amici dell’Opera Nomadi e tanti zingari, appunto.
Non ho notato telecamere o giornalisti finché ho sostato lì, vicino a Marta.
Ma venerdì ho visto che c’erano stati e c’erano anche al Cimitero Maggiore.
Così loro hanno potuto documentare il dolore degli “zingari”, quello vero, fatto di lacrime, di fazzoletti tormentati fra le mani, di sigarette fumate nervosamente.
Con le costanti caratteristiche del dolore di ognuno di noi e di ognuno di loro e di ogni parte del Pianeta. Figli di un dio minore, minoranza disconosciuta.
Gli zingari, i rom, i nuovi untori, vittime generalizzate a seguito di alcuni odiosi fatti di cronaca, erano lì, assieme a Marta, come tante altre volte.
Lo saranno anche nel suo triste viaggio di ritorno a casa.
Non so se in quell’occasione la stampa sarà presente; se ci sarà mi auguro sia una presenza discreta, non speculativa, e che narri solo quel dolore immenso che accompagna tutti, “zingari” e “gagi”.
“Baxtalo drom” “Buon cammino” (spero di averlo scritto giusto!) a te, Marta e ai figli del vento che ti accompagnano.
Padova,11 gennaio 2008 Giulietta Poli - insegnante