Intervento al Ministero dell’Interno

 

L’8 Aprile è Romanò Dives, il Giorno della Nazione Rom. Si vogliono ricordare le persecuzioni passate e presenti, gli sgomberi di ogni giorno, le sofferenze e i pregiudizi che colpiscono i Rom e i Sinti, siano essi stranieri o italiani. La tradizione vuole che ogni famiglia, si incammini, al tramonto, lungo il fiume più vicino alla propria abitazione che rappresenta la via percorsa durante le lunghe migrazioni. Ogni membro della famiglia porgerà al fiume fiori e petali di fiore che rappresentano le anime dei defunti e candele (lumini) che rappresentano la luce che viaggia con loro

 

L’8 aprile è la data del primo congresso internazionale, nel 1971, quando per la.prima volta si riunì a Londra la Romani Union, riconosciuta poi anche dall’Onu come Associazione Mondiale non Governativa. In questa occasione i rom di tutto il mondo scelsero anche un inno e una bandiera.

 

L’8 aprile del 2002 aveva una rilevanza particolare, si festeggiava il primo millennio della partenza dei loro antenati dall’India.

 

Riconciliazione per ridurre i pregiudizi
Ogni progetto di integrazione sociale viene ostacolato, o impedito, dal pregiudizio verso i Rom e i Sinti. Da 600 anni è in atto una guerra verso di loro, fatta di bandi di espulsione, cacce all’uomo, assimilazioni forzate, riduzione in schiavitù, massacri, stermini, che non si è placata col “Porrajmos” (divoramento) durante la II guerra mondiale. La persecuzione continua. Secondo i. monitoraggi della Comunità Europea i Rom/Sinti sono le popolazioni più discriminate e sottoposte ad atti di violenza razziale.   Sono vittime di tutti e tre i tipi di razzismo che conosciamo: da esclusione, da assimilazione, da paura. Tutto ciò ha generato un “trattamento differenziale” ed un processo di “deumanizzazione” di queste popolazioni, oggi i Rom, i Sinti e i Camminanti sono sempre più respinti lungo i confini delle città o dello stato, costringendoli a processi di tipo adattivo come i campi nomadi,  luoghi di segregazione razziale,  di emarginazione, di isolamento.

La politica degli sgomberi e delle espulsioni di massa, largamente praticata in molte zone del paese, come testimoniano le recenti cronache, è un atto di inciviltà politica ed oltretutto illegittimo, in quanto perpetrato ai danni di intere comunità e non di singoli individui e come tale va respinta.

La scelta dei territori e la possibilità di trovare accoglienza, è da sempre il risultato di un complesso rapporto storico e sociale tra la società maggioritaria e le comunità rom/sinte. Una relazione che rivela l’esistenza di rigide barriere di contenimento dei migranti e di normative interne che alzano il livello di discriminazione. E’ necessario mettere in discussione i luoghi comuni interpretativi che riducono la questione Rom a misura degli stereotipi: quelli che individuano nella diversità e nella presenza di comportamenti devianti la causa della mancata accettazione da parte della società maggioritaria, quelli che riconducono la questione ad un problema di inconciliabilità culturale.   Si tratta in sostanza di un lavoro di “decostruzione” del problema, per poi ricostruirlo in modo da renderlo trattabile ed intervenire nella comprensione tra condizione di marginalità ed isolamento, pregiudizio, rifiuto e devianza.  

  Sappiamo tutti che nessuno nasce con il pregiudizio (viene trasmesso da padre in figlio), alla cui base sta soprattutto la mancanza di conoscenza; non si riduce solo col buon senso ma con messaggi istituzionali forti che permettano alla società maggioritaria una conoscenza più approfondita di queste popolazioni e che agevolino quest’ultime nel processo di assunzione dei diritti e dei doveri di cittadinanza attiva, uscendo dalla logica assistenziale negativa a cui sono stati abituate troppo spesso e in cui si sono adagiate. E’ necessaria, quindi,  una riconciliazione nazionale che chiuda le ostilità,  che avvii processi e iniziative, che permetta che venga riconosciuta la ricchezza derivante dal dialogo e dallo scambio fra i diversi orizzonti culturali per una ridefinizione degli stessi.

 

Pratiche sociali e proposte per il riconoscimento di minoranza

Proviamo di seguito ad indicare alcuni punti a partire dai quali si possa pensare, definire e realizzare una possibile politica propositiva.

Minoranza etnico-linguistica.

Sono ormai numerose le “Raccomandazioni Internazionali” perché l’Italia riconosca lo status di minoranza etnico-linguistica ai Rom/Sinti per proteggerne la lingua e la cultura.

Fra le tante, alcune più recenti:

Il Consiglio d’Europa, il 14 giugno 2006 “raccomanda” all’Italia di sviluppare l’opportunità di riconoscere la minoranza etnico-linguistica dei Rom/Sinti per permettere loro di conservare e sviluppare la loro identità”.

La commissione Diritti Umani delle Nazioni Unite, nel rapporto presentato il 13 marzo 2007, “raccomanda” anche: “Il riconoscimento della Comunità di Sinti e di Roma come una minoranza nazionale la cui cultura e lingua debbono essere protette”.

Nella legge 482 del 15 dicembre 1999 “norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche e storiche”, le popolazione rom/sinte non sono state neanche nominate disattendendo norme, principi ed impegni internazionali e in particolare la Carta Europea delle lingue regionali minoritarie in vigore dal 1° marzo 1998 che prevede esplicitamente norme “anche per le lingue sprovviste di territorio come l’yddish e lo zingaro”.

 

E’ convinzione dell’Opera Nomadi che oltre al riconoscimento di minoranza etnico-linguistica in Italia, sia necessario che i Rom e i Sinti siano riconosciuti come popolazioni transnazionali Europee. Il riconoscimento di uno status di minoranza e cittadinanza europea eviterebbe la frattura differenziale tra Rom e Sinti italiani e Rom immigrati.

Sarebbe necessaria una sanatoria per motivi umanitari a favore dei Rom irregolari che da troppi anni ormai sono esclusi dai più elementari diritti. Si tratta di circa 30.000 persone stanziali in Italia anche da 30 anni. Sono in larghissima parte sprovvisti di permesso di soggiorno e destinatari di decreti di espulsione delle nostre Prefetture.

Si chiede al Governo in carica, che si appresta a varare le modifiche alla legge sulla cittadinanza di non eludere dalle previsioni normative la specificità della questione Rom. Si chiede espressamente di regolarizzare tutti i minori rom nati in Italia che per esplicito dettato legislativo (ius sanguinis) non avranno in futuro la possibilità di ottenere un semplice passaporto coi diritti ad esso collegati e di riconoscere la cittadinanza italiana a tutti i Rom presenti da cinque anni o con figli nati da due anni in Italia (come è previsto nel progetto di legge sulla cittadinanza per immigrati “regolari”)  .

 

Per quanto riguarda il progetto di legge nazionale per i Rom e i Sinti, esprimiamo le ns. perplessità in quanto riteniamo inutile e dannosa una legge specifica.

 

Habitat.

A prescindere dalle situazioni di emergenza che comportano interventi immediati per risolvere temporaneamente i problemi, si deve mirare al superamento della logica dei “campi nomadi”, sacche di emarginazione e veri e propri lager, ricercando soluzioni abitative alternative: inserimento nelle abitazioni, o individuazione di microaree per famiglie allargate (preferibilmente da acquistare) a seconda delle esigenze e delle richieste, utilizzazione della tecnica dell’auto-costruzione o dell’auto-recupero come sta già avvenendo in alcune zone.

Per l’allestimento di microaree è importante una Sanatoria in deroga al Piano Urbanistico Nazionale, D.P.R. 380 del 2001, ratificato in legge nell’estate 2003, che permetta di posizionare roulottes in terreni agricoli di proprietà:  molte, infatti, sono le ordinanze comunali di sgombero e di demolizioni rivolte a quelle famiglie già insediate in questi terreni.   

Proponiamo anche che ogni Comune con l’intervento di mediatori culturali rom, sinti e non, si dichiari disponibile ad accogliere una o più famiglie rom o sinte a seconda del numero degli abitanti presenti nel territorio, evitando così il loro continuo peregrinare, alla ricerca di un posto stabile.

Lavoro:

l’inserimento lavorativo richiede:

-         facilitazioni come, per esempioper i lavoratori socialmente utili;

-         sportelli specifici per l’avviamento al lavoro e la formazione professionale per Rom/Sinti con l’individuazione delle attitudini personali;

-         l’implementazione di cooperative sociali di tipo B, estendendo la categoria delle persone svantaggiate anche ai Rom/Sinti;

-         l’Albo comunale per musicisti di strada o da sala;

-         la tutela e recupero e ammodernamento (con licenze apposite) dei mestieri tradizionali ancora presenti (vedi lo spettacolo viaggiante per i Sinti ed il commercio per i Rom) e l’avviamento verso i nuovi lavori, nello spirito dell’articolo n. 4 della Costituzione Italiana.

 

Le buone pratiche che si stanno realizzando in alcune parti d’Italia come: la costituzione di cooperative di lavoro che vanno dalla raccolta di materiale ferrosi, ai mercati gestiti dalle famiglie rom e sinte, al giardinaggio, alle cooperative di donne rom e sinte e l’apertura di sportelli per l’inserimento lavorativo, dovrebbero essere estese a tutto il territorio nazionale, con l’intervento e l’aiuto delle Istituzioni.  

 

Scuola:

il Protocollo d’Intesa MIUR – Opera Nomadi, firmato il 22 giugno 2005, per combattere l’evasione e la dispersione scolastica,  per favorire l’inserimento socio-culturale dei Rom e dei Sinti nell’ambiente scolastico che deve essere accogliente prestando attenzione ai bisogni dell’altro, sviluppando atteggiamenti di apertura, ascolto e reciprocità, segna un riconoscimento nazionale di minoranza etnico-linguistica con specifiche differenze ed anche svantaggi sociali che vanno recuperati con appositi progetti.

A partire anche dall’insegnamento della lingua “romanès”, occorre estendere l’intercultura alle popolazioni rom e sinte, attuare corsi di recupero per alunni che hanno abbandonato prematuramente la scuola, per l’alfabetizzazione degli adulti, con particolare attenzione all’analfabetismo di ritorno, e corsi di formazione rivolti al personale scolastico.

Indispensabili sono i mediatori culturali rom e sinti con il loro ruolo di collegamento fra scuola-famiglia e territorio.

 

Si chiede, quindi, che venga applicato con fondi appositi il Protocollo d’Intesa che è una vera e propria pietra miliare di riconoscimento etnico-culturale dei Rom e dei Sinti.

 

Salute:

l’alto tasso di natalità s’intreccia con indici preoccupanti di morbilità e mortalità e con una speranza di vita mediamente più bassa di 20-30 anni, se paragonata con il resto della popolazione. Particolarmente colpite sono la popolazione femminile e la prima infanzia, ma non possiamo ignorare l’insorgenza di “patologie da ghetto” nei luoghi di vita, la mancanza di una cultura della prevenzione, l’elevato tasso di alcolismo e tossicodipendenza in generale e le difficoltà di accesso al servizio sanitario nazionale.  In particolare, per quanto riguarda i rom romeni, occorre promuovere di concerto con la SIMM (Società Italiana Medicina per le Migrazioni) un piano nazionale di vaccinazione e di accesso alle cure sanitarie. Anche in questo caso importanti sono i mediatori culturali e sanitari.

Il progetto “Porrajmos dimenticato” dell’Opera Nomadi Nazionale, che dal 27 gennaio 2004, è stata conosciuto e divulgato in tutta Italia, è servito e servirà da volano per la conoscenza ed il riconoscimento di queste popolazioni.
Si chiede pertanto che 
la  Legge 20 luglio 2000, n. 211  recante l’istituzione della Giornata della Memoria venga modificata e integrata come contenuto nell’ iniziativa del disegno di legge dei seguenti Senatori :

Valpiana, Sodano, Malabarba, Russo Spena, Maccanico, Donati, Soliani, Bellini, Alfonzi, Bonadonna, Capelli, Gonfalonieri, Emprin Gilardini, Giannini, Martone, Nardini, Palermi, Ripamonti, Silvestri, Tecce, Tibaldi, Turigliatto, Vano

Con questo disegno di legge è doveroso ricordare e quindi inserire, anche altri gruppi che hanno subito le stesse deportazioni e lo sterminio, vittime di discriminazioni etniche, sessuali, sociali e religiose: Rom e Sinti, Omosessuali, Disabili, Testimoni di Geova.

 

Siamo convinti, come già espresso in precedenza, che le nostre proposte contribuirebbero ad agevolare i Rom e i Sinti nell’assunzione dei diritti e dei doveri di cittadinanza attiva, uscendo dalla logica assistenziale negativa degli anni passati e ancora attuale. Interventi dunque a 360° a favore di una popolazione di circa 150.000 persone che rappresenta lo 0.3 % di quella italiana.

 

Opera Nomadi Nazionale

Per il Consiglio Direttivo Nazionale

prof.ssa Renata Paolucci

vice presidente nazionale

resp. nazionale scolarizzazione

pres. Opera Nomadi di Padova

 

La nostra storia

Partendo da zero, siamo cresciuti grazie a una dedizione costante e all'impegno per il miglioramento continuo. Ogni passo ha rafforzato la nostra convinzione fondamentale nel potere della collaborazione e nell'importanza dell'interazione.   Siamo appassionati di ciò che facciamo e siamo entusiasti di condividere la nostra storia con voi.

Opera Nomadi

Ente morale (D.P.R. 26.03.70 N° 347)

Segreteria tecnica nazionale:

Intervento alla Conferenza Europea del 22/23 gennaio 2008

 

Convegno presso la scuola della Guardia di Finanza di Roma,  moderatore David Sassoli, intervento del Ministro della Solidarietà Sociale Paolo Ferrero e conclusioni del Ministro dell'Interno Giuliano Amato.

 

Il ns. gruppo di persone:  rom, sinti e gagè, insieme,  sta attuando da alcuni anni a Padova progetti rivolti solo ed esclusivamente all’integrazione, alla scolarizzazione dei bambini e alla gestione per il  superamento dei cosiddetti “campi nomadi”, ricerca lavoro, avviamento alle strutture sanitarie, ecc.

Non possiamo pensare, infatti, ad interventi settoriali e generalizzati ma, come diciamo da sempre, devono essere a 360° e diversificati, a favore di una minoranza così variegata che rappresenta presumibilmente, in Italia, lo 0,2 o 0,3 % di quella maggioritaria.  Per questo, abbiamo presentato nel gennaio dello scorso anno un “Progetto di Indagine Conoscitiva Nazionale” da attuarsi con l’impiego degli  stessi mediatori culturali rom, sinti e camminanti.  

Progetti di scolarizzazione a Padova e provincia:

Il “Progetto Esmeralda” che portiamo avanti a Padova dal 1997, ha debellato totalmente l’evasione e la dispersione scolastica, utilizzando i mediatori culturali non solo per il trasporto dei bambini ma nel ruolo fondamentale di collegamento fra scuola, famiglia, territorio, con la compresenza in classe degli operatori e la loro partecipazione alle programmazioni e ai consigli di classe.    E’ stato di fondamentale importanza anche l’avvicinamento della famiglia alla vita scolastica dei figli.

Per quanto riguarda la scuola, inoltre,  il Protocollo d’Intesa MIUR – Opera Nomadi, firmato il 22 giugno 2005 e il Protocollo d’Intesa Regionale con la Direzione Scolastica Regionale del Veneto per combattere l’evasione e la dispersione scolastica, per favorire l’inserimento socio-culturale dei Rom e dei Sinti nell’ambiente scolastico che deve essere accogliente, prestando attenzione ai bisogni dell’altro, sviluppando atteggiamenti di apertura, ascolto e reciprocità, segnano un riconoscimento di minoranza e indicano una linea importante verso l’integrazione e il dialogo.   Occorre estendere l’intercultura alle popolazioni rom e sinte, attuare corsi di recupero per alunni che hanno abbandonato prematuramente la scuola, alfabetizzare gli adulti, con particolare attenzione all’analfabetismo di ritorno e attuare corsi di formazione rivolti al personale scolastico.

E’ assolutamente necessario che venga riconosciuto in Italia ai Rom e ai Sinti, lo status di minoranza etnico-linguistica  dei Rom/Sinti per proteggerne la lingua e la cultura.

Progetto di gestione delle aree comunali verso il superamento delle stesse, accompagnamento delle famiglie nelle nuove unità abitative, animazione, pre-scolarizzazione e sostegno scolastico, ricerca lavoro e avviamento alle strutture sanitarie:  si tratta di un progetto di gestione delle due aree nomadi originariamente abitate una da 250 e l’altra da 100 persone ed è un intervento complesso che sta arrivando al termine grazie all’accordo con l’amministrazione comunale che dal 2004 amministra la città di Padova, in particolare nelle persone dell’Assessore alle Politiche Abitative Daniela Ruffini e del Vice Sindaco e Assessore ai Servizi Sociali Claudio Sinigaglia.

Il 22 luglio 2005, infatti, il Comune di Padova nella persona del Vice Sindaco Claudio Sinigaglia ha firmato un impegno scritto alla presenza dei Rom e dei Sinti, per il progressivo smantellamento delle aree nomadi di Padova.

Le nuove politiche abitative hanno portato oltre 150 persone ad essere inserite negli alloggi comunali nell’arco di tre anni, delocalizzandole nel territorio comunale e seguendo il loro inserimento, nel primo periodo, nel tessuto sociale.   Si tratta soprattutto di famiglie di Rom provenienti dalla ex-Jugoslavia, dal Kossovo, ma anche di qualche famiglia di Sinti italiani veneti e taic e Rom italiani di provenienza croata che in genere non prediligono l’essere rinchiusi in appartamenti senza sfogo esterno.

Altre famiglie si sono arrangiate autonomamente acquistando terreni di proprietà.

Ad oggi sono ancora presenti nelle due aree comunali: 60 persone circa in una per le quali stiamo individuando dei terreni da acquistare perché non vogliono essere inserite in alloggi e 29 persone nell’altra per le quali sta per essere avviato un progetto di autocostruzione da loro denominato “Villaggio della Speranza”. 

La politica dei campi nomadi non tiene conto di molti altri elementi che rendono tale scelta non opportuna.    Prima di tutto la stanzialità, quindi chiamarli ancora nomadi non ha nessun senso e poi,  quando si pensa ai “rom e sinti” ci si immagina una cultura omogenea, dove tutti i componenti condividono oltre la lingua, gli stessi valori e riferimenti culturali. Sbagliato. Essendo gruppi disseminati su un vasto territorio, vuol dire che, nei secoli, sono entrati  in contatto con realtà differenti ed inevitabilmente ne sono stati contaminati, venendo influenzati da usi e costumi delle genti che hanno incontrato, differenziandosi sempre più tra loro, creando sotto-gruppi sempre più eterogenei (e non sempre compatibili).   Vediamo così che la logica di creare grossi campi per tutti i Rom e i Sinti, perché tra loro vanno d’accordo, è scorretta e dannosa.

Violando le più banali norme igieniche e di sicurezza, molte amministrazioni di tutta Italia tollerano situazioni al limite dove miseria e marginalità la fanno da padrone e dove la parola dignità é impronunciabile, e senza dignità non può esserci il rispetto, per nessuno.

In anni di attività è emerso in modo sempre più chiaro che le condizioni abitative di queste persone che, da nomadi sono ormai divenute stanziali perché hanno perso anche il diritto al nomadismo, sono il pre-requisito indispensabile per una effettiva, definitiva e positiva integrazione fra la culture.

Tollerare i campi nomadi significa “individuare” delle zone urbane poco frequentate (solitamente industriali , svincoli autostradali se non aree adiacenti a discariche o inceneritori) dove stipare centinaia e a volte migliaia di persone nascondendo agli occhi dei “cittadini” queste sacche di emarginazione e provocando danni irreparabili nelle menti di entrambe le parti in gioco; significa identificare in modo definitivo i Rom e i Sinti  con il disagio, la povertà e la conseguente emarginazione.

I Rom e i Sinti sono vittime di tutti e tre i tipi di razzismo che conosciamo: da esclusione, da assimilazione, da paura.  Tutto ciò ha generato un “trattamento differenziale” ed un processo di “deumanizzazione” di queste popolazioni.

Riteniamo quindi centrale portare avanti delle politiche abitative che tengano conto delle differenze e delle volontà di tutti, escogitando soluzioni innovative e differenziate. L’esempio di Padova è positivo: l’inserimento in casa, delocalizzando le famiglie e accompagnandole per un breve periodo nell’inserimento nelle nuove unità abitative e l’acquisto di piccoli terreni di proprietà “le cosiddette micro-aree per famiglia allargata”.  Sono soluzioni percorribili attraverso il dialogo e il reciproco riconoscimento. Per troppi secoli la “cultura maggioritaria” è stata sorda e cieca alle necessità di queste popolazioni, crediamo, che, per rimediare, ora dobbiamo dar voce a loro.    

Per quanto riguarda le microaree di proprietà presenti soprattutto nel nord è da sottolineare che sono innumerevoli le ordinanze di sgombero a famiglie che sostano ormai da anni in terreni agricoli di proprietà;  è necessario, quindi, studiare una deroga o una sanatoria  al Piano Urbanistico Nazionale, D.P.R. 380 del 2001, ratificato in legge nell’estate 2003, che permetta di regolarizzare la posizione delle famiglie che esercitano attività di spettacolo viaggiante o almeno che permetta di mantenere la sosta invernale, per non fa tornare in strada anche chi ha cercato autonomamente di sistemarsi in un luogo decoroso.

A Padova esistono una trentina di queste aree, che sembrano dei veri e propri giardini e le famiglie sono perfettamente inserite nel tessuto sociale, senza problemi.      

Proponiamo anche che ogni Comune, con l’intervento di mediatori culturali, si dichiari disponibile ad accogliere una o più famiglie rom o sinte a seconda del numero degli abitanti presenti nel territorio,  evitando così il loro continuo peregrinare, alla ricerca di un posto stabile.

Ritornando al Villaggio della Speranza, una soluzione diversa verrà attuata a Padova con l’autocostruzione.

Il villaggio ospiterà i Sinti Veneti, presenti in Italia dal 1400, residenti nell’area comunale di via Tassinari (Corso Australia) ormai da 15 anni, divenuti stanziali a causa della crisi che ha investito il settore dello “spettacolo viaggiante”. 

Già da anni i Sinti di via Tassinari hanno espresso la necessità e la volontà di migliorare le proprie condizioni abitative per avere la possibilità di una integrazione sociale reale e concreta.  L’Opera Nomadi di Padova ha ideato assieme ai sinti stessi un progetto di autocostruzione di 12 unità abitative in muratura.

Le famiglie Sinte, 29 persone (12 adulti e 17 minori) già in parte integrate, mandano regolarmente i figli a scuola, dalla scuola materna alle superiori, parte degli adulti già lavora nelle cooperative, uno solo continua il mestiere del padre, e del nonno, perchè possiede una piccola giostra e lavora nel periodo primavera/estate.

Elenchiamo, di seguito, le tappe per la realizzazione del Villaggio della Speranza. 

Nel 2006 abbiamo redatto il progetto sociale per la realizzazione del Villaggio della Speranza, che è stato approvato dai Servizi Sociali, e dalle Commissioni Consiliari competenti e la Giunta, dopo aver effettuato la variante al Piano Regolatore per quanto riguardava l’area individuata, ha deliberato (Delibera n° 0885 del 28 dicembre 2006) l’assegnazione del progetto di autocostruzione delle 12 abitazioni in muratura all’Opera Nomadi, mettendo a disposizione € 300.000,00.= (prima tranche).     Quindi l’associazione, sinti, rom e gagè insieme, che da anni porta avanti questa idea, è diventata soggetto promotore del progetto e dovrà:

  • individuare l’impresa per la costruzione degli alloggi e delle opere connesse, previa approvazione del Settore Infrastrutture del Comune di Padova;
  • seguire i Sinti nella partecipazione al corso di formazione professionale con il rilascio finale di attestato e nel percorso dell’autocostruzione.

Il Settore Infrastrutture del Comune di Padova si farà carico della necessaria attività di alta sorveglianza, ai fini della regolare esecuzione dell’opera, della contabilità generale e dei conseguenti pagamenti:   I successivo Protocollo d’Intesa Opera Nomadi di Padova e l’Assessorato ai Servizi Sociali del 15 marzo 2007 fissa le regole per la prosecuzione del progetto infatti, individuate le persone che parteciperanno all’autocostruzione, nel luglio 2007, viene approvata come offerta più consona e interessante, quella della Cooperativa Padovana Muratori di Ponte San Nicolò (PD) e viene data comunicazione immediata al Settore Infrastrutture e al Settore Servizi Sociali del Comune di Padova, tale scelta è stata motivata dalla comprovata alta professionalità della Ditta e dall’impegno dimostrato nell’ambito di similari progetti di valenza sociale.

Dopo il parere favorevole di congruità e conformità del Settore Infrastrutture, il 03/09/2007 viene sottoscritto un Accordo di Programma Opera Nomadi e Cooperativa Padovana Muratori, dove vengono fissate le rispettive competenze:  le specifiche tecniche del progetto architettonico, i costi dell’intervento comprensivi del corso di formazione professionale con cantiere scuola tenuto da tecnici specializzati, i pagamenti, la durata dell’accordo, i tempi di esecuzione dei lavori.

L’intervento è localizzato lungo Corso Australia, in un lotto di mq. 2.132. E’ prevista la costruzione di 12 alloggi in 3 palazzine su due piani, ciascuna di 4 alloggi. Ogni alloggio prevede un locale soggiorno-cottura, due camere da letto, un bagno, ha impianti autonomi e ingressi dedicati, (quelli ai piani superiori per mezzo di scale esterne). Sono previsti dodici posti auto coperti realizzati in struttura leggera e giardino adiacente alle palazzine.

Essendo prevista la partecipazione economica da parte degli operatori sinti al finanziamento del progetto, una quota dello stipendio decisa dai sinti stessi sarà accantonata e successivamente detratta dal Comune di Padova dalla retta di affitto o della quota di riscatto. L’Opera Nomadi metterà a disposizione operatori/mediatori che seguiranno tutto l’iter del progetto.

Quindi dal punto di vista lavorativo tale progetto permetterà ai 7 Sinti di Padova, con la loro partecipazione al corso di formazione e all’autocostruzione di apprendere un mestiere e di  poter continuare anche in futuro in questa attività.

Per quanto riguarda ancora il lavoro altre esperienze si stanno attuando a Padova; si è costituita infatti, lo scorso anno una cooperativa di raccolta e vendita di materiale ferroso, formata da un gruppo di Sinti italiani “Taic” facenti parte di famiglie della Missione Evangelica Tzigana.

Altre cooperative sono sorte in varie parti d’Italia: A Vicenza e a Prato, ad esempio,  per la raccolta di  materiale ferroso, a Roma e Reggio Calabria  per la manutenzione di aree verdi, di pulizia o per la raccolta differenziata dei rifiuti.  A Roma ancora, alcune donne rom e sinte hanno costituito una cooperativa di stireria e piccoli lavori di sartoria.  Vi sono alcuni mercati gestiti dalle famiglie rom e sinte ed è stato istituito uno sportello informativo per l’inserimento lavorativo con l’individuazione delle attitudini personali.     

Per quanto riguarda i rom rumeni per ora l’Amministrazione Comunale di Padova non si è ancora attivata. Sono circa 150 e vivono nelle baracche in luoghi nascosti e completamente anti-igenici.

Da tempo abbiamo richiesto di utilizzare dei ricoveri temporaneo in strutture di accoglienza o di emergenza attivate dalla Protezione Civile per poter effettuare un monitoraggio e per poter avviare anche con loro dei progetti di inserimento abitativo, lavorativo e scolastico e soprattutto per avviarli alle strutture sanitarie.   Ad oggi le ns. proposte sono rimaste inascoltate.

La politica degli sgomberi e delle espulsioni di massa, largamente praticata in molte zone del paese, come testimoniano le recenti cronache, è un atto di inciviltà in quanto perpetrato ai danni di intere comunità composte da bambini e donne e come tale va respinta, il denaro speso per gli sgomberi o la costruzione di mega campi potrebbe essere usato in maniera migliore.

Siamo convinti, che le proposte che scaturiranno da questa conferenza contribuiranno ad agevolare i Rom e i Sinti nell’assunzione dei diritti e dei doveri di cittadinanza attiva, uscendo dalla logica assistenziale negativa degli anni passati e ancora attuale in molte zone. 

Desidero ringraziare il Comune di Padova per la dedica del Villaggio della Speranza alla ns. vice presidente Marta Cimento che ci ha lasciato improvvisamente nei giorni scorsi, perché è un riconoscimento tangibile del lavoro effettuato da tutti gli operatori  a Padova in questi anni.

Grazie

 

Opera Nomadi Nazionale

Per il Consiglio Direttivo Nazionale

prof.ssa Renata Paolucci

segretario nazionale

resp. nazionale scolarizzazione

pres. Opera Nomadi di Padova

IX° SEMINARIO NAZIONALE PRESSO IL MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE E RICERCA


la scolarizzazione dei bambini Rom Sinti e Camminanti
in Italia


GRUPPO SCUOLA
a cura della Prof.ssa Renata Paolucci
Vice Presidente Nazionale Opera Nomadi e Referente Scuola Opera Nomadi Nazionale
mail: renatapaolucci@yahoo.it

Premessa
La percentuale dei bambini Rom, Sinti e Camminanti che evadono l’obbligo scolastico è elevata e purtroppo non siamo
in grado di fornire dati certi, non essendosi ancora attivato un progetto di monitoraggio a livello nazionale (più volte sollecitato dalla
nostra Associazione) che, pur mantenendo l’anonimato delle persone, permetterebbe di rilevare il numero reale dei minori che
evadono la scuola dell’obbligo.
Infatti i dati forniti dalle scuole rispecchiano solo in parte la realtà: è necessario contattare i Rom e i Sinti, famiglia per famiglia,
negli alloggi, nelle case nei terreni privati, nelle aree comunali e nei campi sosta. All’interno di alcuni gruppi di Rom/Sinti c’è
molta resistenza nel far frequentare la scuola ai minori della famiglia, perché riconoscono valida soltanto la propria cultura per la
formazione dei figli, e questa posizione va rispettata, come principio generico ma non certo come pratica reale quotidiana :
infatti qualcuno è ancora forse convinto che, al giorno d’oggi, sia utile, a persone ormai stanziali, chiudersi e isolarsi nelle proprie
abitudini con l’incapacità, data dall’analfabetismo, di destreggiarsi nella società maggioritaria, continuamente martellati dai
messaggi dei mass-media, senza avere gli strumenti necessari per metabolizzarli ?
D’accordo con la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, siamo fermamente convinti che i minori debbano vivere la
propria infanzia, debbano imparare a conoscere la nostra e altre culture, debbano far conoscere la loro e debbano essere aiutati a
sviluppare la propria personalità; la scuola deve educare, (dal latino “educo”) cioè deve formare con l’insegnamento e con
l’esempio il carattere e la personalità.
E solo la scuola e una scuola specializzata, dove sia attuata una didattica interculturale, permette che venga riconosciuta la ricchezza
che deriva dal dialogo e dallo scambio fra i diversi orizzonti culturali, per una ridefinizione degli stessi.
Il problema dell’evasione scolastica può essere risolto, come abbiamo constatato,in Italia solo attraverso progetti mirati che impegnino
mediatori culturali che svolgano, appunto, un lavoro di mediazione con la famiglia e con la scuola, che favoriscano una didattica
interculturale e un inserimento socio-culturale dei bambini.
L’importanza della figura del mediatore culturale nella scuola
Il bambino rom o sinto che si affaccia al mondo della scuola, quasi sempre con mancanza di autostima e portando con sè un
bagaglio culturale molto diverso da quello della società maggioritaria, per usi e costumi, lingua e per appartenenza ad una cultura
orale, ha bisogno della figura del mediatore culturale. A differenza dei minori stranieri, per i quali, soprattutto nei primi mesi è
importante il supporto di un mediatore linguistico, nel nostro caso è necessaria la presenza di una figura che rassicuri i bambini,
rafforzando la loro autostima, che sensibilizzi gli insegnanti sul loro mondo, sulla loro cultura, la loro lingua, che, favorisca
l’accoglienza nella scuola e stimoli l’attivazione della didattica interculturale. Compito del mediatore è anche fornire al bambino gli
strumenti per comprendere la cultura maggioritaria e eventualmente le altre culture con cui viene a contatto, attraverso il mondo
della scuola. Nel contempo, è fondamentale la presenza del mediatore presso le famiglie per cercare di superare le diffidenze degli
adulti nei confronti dell’istituzione scolastica. Il mediatore culturale rom o sinto deve avere una preparazione specifica, attraverso
corsi di formazione, un buon livello di scolarizzazione e deve conoscere in maniera approfondita il mondo dei gagè. Soprattutto è
importante sappia destreggiarsi nell’ambiente scolastico, instaurando un rapporto costruttivo con gli insegnanti con cui deve
lavorare in sinergia. Purtroppo in Italia sono ancora pochi i Rom e i Sinti che possono svolgere tale compito, perché questa è la
prima generazione scolarizzata, sono stati attivati pochi corsi per mediatori e, inoltre, tra gli adulti esistono ancora molti analfabeti
o semi-analfabeti.

A causa di questi impedimenti, che speriamo vengano superati in futuro, in quasi tutti i progetti di scolarizzazione, per il momento,
vengono impiegati solo mediatori gagè opportunamente formati e che godono della fiducia delle famiglie rom/sinte.
IX° Seminario Nazionale
Difficoltà riscontrate riguardanti l’inserimento scolastico dei bambini
Confrontando le varie esperienze vissute dai mediatori che lavorano nei progetti di scolarizzazione dei bambini rom, sinti e
camminanti presenti in Italia si sono individuate alcune problematiche ricorrenti, legate all’apprendimento scolastico:
- difficoltà di memorizzazione.
- Difficoltà di mantenimento dell’attenzione e della concentrazione.
- Difficoltà della lettura, scrittura e comprensione di un testo.
- Difficoltà nel tradurre in forma scritta pensieri, conoscenze e contenuti appresi e precedentemente espressi oralmente.
- Difficoltà di astrazione: scarsa capacità di applicare regole logiche che prevedono il passaggio dal particolare al generale
dal concreto all’astratto.
- Scarsa conoscenza lessicale e difficoltà di comprensione delle regole grammaticali.
Riteniamo che tali problematiche siano da attribuirsi a :
1) il limitato interesse suscitato dagli argomenti trattati a scuola. Le materie insegnate non trovano alcun riscontro pratico
nelle esperienze quotidiane maturate in ambito familiare, pertanto la scuola viene vissuta come un’istituzione inutile che
non fornisce strumenti adeguati al proprio stile di vita.
2) l’appartenenza ad un cultura orale. Infatti nella società dei Rom e dei Sinti non esiste nessuna cultura di linguaggio codificato, è
un mondo di suoni e quindi di azione; il suono, infatti, significa avvenimento e la parola parlata è evento non oggetto, non significa
ma agisce. Le parole hanno potere sulle persone e possono provocare danni, sono come armi. L’uomo orale è dogmatico (si
racconta solo la verità) e, per questo, ciò che viene raccontato non permette la capacità di critica e la possibilità di confronto. Il
racconto è una forma di insegnamento e la conoscenza si fonda sulla vita collettiva, su ciò che è stato detto, che viene aggregato e
accumulato mnemonicamente. Il racconto è condizionato dalla prossimità e manca la dimensione del tempo narrato. L’oralità
dipende dalla socialità e respinge l’individualismo.
A scuola, perciò, per chi è abituato alla tradizione orale, le difficoltà sono le seguenti:
a) mancanza di abitudine all’osservazione
b) difficoltà a ridurre il vissuto a dimensione visiva.
c) mancanza di abitudine alla critica e al confronto.
Per una cultura specializzata nella sintesi orale, l’osservazione visiva è irrilevante; la scrittura, invece, sviluppa la percezione visiva
e l’osservazione individuale (per osservare qualcosa, quel qualcosa deve stare fermo mentre il suono esiste nel tempo e non si
ferma). Se la tradizione orale respinge l’individualismo (l’uomo esiste nella socialità), la scrittura stacca l’uomo dal gruppo, dà
origine al pensiero originale isolato e presuppone l’introspezione che manca nella cultura orale, dove l’uomo è più attento a cogliere
le opinioni degli altri piuttosto che a riflettere sulle proprie affermazioni. Per la cultura orale il nostro modo di comunicare è
inefficace; la scuola dovrebbe quindi adottare metodi diversi e munirsi di strumenti idonei per permettere a questi bambini di
apprendere, passando, appunto, dallo loro cultura orale a quella della scrittura.
3) all’interno di molti gruppi familiari i minori parlano il romanès: ne deriva quindi che l’italiano risulta essere la II^ se non la III^
lingua, (è il caso dei rom stranieri che parlano anche la lingua del paese di ultima provenienza, dei sinti veneti, lombardi,
marchigiani, ecc e dei Rom dell’Italia meridionale che utilizzano parlate dialettali spesso arcaiche) e l’utilizzo che ne fanno è
limitato a fini pratici.

Il “romanès” presenta una struttura molto diversa da quella della lingua italiana e pertanto risulta difficile per i bambini rom/sinti
comprendere e utilizzare in maniera adeguata la nostra sintassi.
4) la mancanza di un percorso prescolastico: il forte senso di protezione dei genitori nei confronti dei figli in giovanissima età e
l’importanza che questi gruppi attribuiscono all’educazione familiare si manifestano in atteggiamenti di resistenza nei confronti
della scuola materna. Di conseguenza i bambini rom e sinti affrontano la classe I^ senza quei prerequisiti indispensabili ad
accedere con facilità e in tempi brevi, al pari degli altri compagni, all’apprendimento della lettura e della scrittura.
5) L’analfabetismo e la diffidenza, più o meno accentuata, a seconda dei gruppi di appartenenza, dei genitori nei confronti della
società dei gagè: accettano con difficoltà l’inserimento scolastico dei loro figli, considerando non formativo l’incontro con la nostra
ed eventualmente altre culture. Il più delle volte la scuola viene più o meno frequentata per fini utilitaristici.
6) La mancanza di una politica di accoglienza da parte delle scuole, accoglienza che deve avvenire in modo serio e progettuale.
Deve consistere in una prima fase temporale ben precisa del primo arrivo con l’incontro tra chi arriva e chi c’è già e deve continuare
con atteggiamenti e attitudini nei confronti dell’alterità e della differenza.
Accogliere ed essere accolto significa prestare attenzione ai bisogni dell’altro, sviluppando atteggiamenti di apertura, ascolto e
reciprocità. Per tutto ciò è necessario adottare una serie di dispositivi, norme, atti, circostanze e risorse previsti e realizzati in una
determinata fase, da parte di chi accoglie.
La mancanza di una politica dell’accoglienza che punti alla valorizzazione della cultura rom e sinta e al rispetto delle differenze,
rischia di fare di questi bambini dei “diversi” influendo pesantemente sul loro grado di autostima e sui rapporti che si creano
all’interno della classe. Si rischia che la scuola venga vissuta dai minori e dalle famiglie come un ambiente ostile, che svaluta la
loro cultura e la relega a condizioni di svantaggio. Spesso si utilizza una didattica che tende ad accentuare le diversità e le difficoltà
anziché superarle, valorizzando i punti comuni e le potenzialità di ciascuno, condizione indispensabile per attuare un’ effettiva
integrazione. Il livello di integrazione ed il grado di autostima influenza, non solo l’impegno e quindi il successo scolastico, ma
anche la frequenza.
Con una buona accoglienza da parte delle scuole, con l’attivazione di una didattica finalizzata all’educazione interculturale e con la
presenza di mediatori culturali, si deve mirare a ottenere che gli alunni rom e sinti che si avvicinano al mondo scolastico della
cultura maggioritaria con una assenza totale di autostima, SI SENTANO IMPORTANTI E INTERESSANTI al pari degli altri.
Per farli sentire interessanti devono essere messe in evidenza e valorizzate all’interno delle classi: la loro lingua d’origine, la loro
storia e la loro cultura; perché siano e si sentano importanti, al pari degli altri bambini, si deve arrivare ad una maturazione della
loro personalità, mantenendo la cultura d’origine, senza che venga assimilata nella nostra, e, come a tutti, deve essere data anche a
loro la possibilità di scelta nella vita.
Non è da sottovalutare, anzi da porre in rilievo come l’habitat influisca sulla frequenza e sul rendimento scolastico : dove esistono
condizioni abitative decorose, alloggi, case, terreni privati, ecc., più facilmente si nota un abbassamento delle percentuale di coloro
che evadono l’obbligo scolastico.
E’ evidente, quindi, come il problema dell’evasione e della dispersione scolastica non prescinda dal problema abitativo, igienico, di
futuro inserimento lavorativo, ecc, e sia necessario attivare quindi progetti a 360 gradi mirati al superamento di tutte le varie
problematiche.
E soprattutto è necessario mirare al superamento dei “campi nomadi”, dove esistono, che risultano essere una prospettiva non solo
ghettizzante ma, come da definizione dell’ European Roma Right Center “l’emblema della segregazione razziale per eccellenza” e,
secondo il Comitato per l’Eliminazione delle Discriminazioni dell’ONU, “un mix tra le favelas e i campi di concentramento”
(l’Italia è l’unica nazione dell’Europa che ne mantiene l’esistenza).
Interventi e Conclusioni del dibattito Seminariale

Hanno partecipato al Seminario del 10/11 febbraio 2007: il Dott. Tallo della Direzione Generale per lo Studente, il Dott. Laplaca
Consigliere del Ministro Fioroni, la Dott.ssa Spadaro della Direzione Scolastica Regionale della Lombardia, il Dott. Berardi
dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, vari insegnanti provenienti da tutta Italia, la rappresentante della Casa dei
Diritti Sociali di Roma, la coordinatrice del Progetto di Scolarizzazione della sezione Lazio dell’Opera Nomadi Annaluisa Longo, il
Presidente della sezione di Napoli dell’Opera Nomadi prof. Marco Nieli, la rappresentante della sezione di Firenze prof.ssa Marzia
Grillo, la mediatrice culturale Rumrì Abruzzese Serena Spada, Smailj un Mediatore Culturale Rom Shiftaro della sezione di Palermo,
da pochi mesi diventato cittadino italiano (un caso purtroppo raro nel panorama legislativo italiano).
Durante il seminario si è evidenziata la presenza in Italia di molti progetti mirati:
1) all’integrazione dei bambini rom e sinti soprattutto al nord,
2) alla formazione del personale della scuola di operatori del territorio e di mediatori culturali.
3) all’orientamento e riorientamento dei minori rom e sinti,
4) alla facilitazione di percorsi ponte (per semianalfabeti),
5) all’alfabetizzazione degli adulti,
6) ai corsi di recupero della terza media rivolti ai minori rom e sinti che hanno compiuto i sedici anni di età.
Inoltre è stata sottolineata la presenza di Intese, Accordi, Convenzioni fra Istituzioni, Enti Locali e Associazioni che, a livello locale,
hanno favorito la realizzazione di progetti mirati all’integrazione scolastica dei minori rom e sinti e delle loro famiglie nel sociale.
Si è evidenziato come sia di fondamentale importanza il lavoro dei mediatori culturali rom e sinti, con la loro presenza all’interno
delle scuole soprattutto in Abruzzo e in Lombardia.
Gli operatori e mediatori presenti hanno evidenziato:
come sia a volte impegnativa e difficile la collaborazione con gli insegnanti e i Dirigenti Scolastici e come in alcune scuole ci
sia la tendenza a rifiutare l’iscrizione dei minori rom stranieri, se privi di permesso di soggiorno, contravvenendo alle leggi, alle
Raccomandazioni, alle Circolari, tra cui la Circolare Ministeriale n° 24 del 01/03/2006 (Linee guida per l’accoglienza e
l’integrazione).
Inoltre per i pochi ragazzi che frequentano le scuole superiori, spesso la mancanza di documenti impedisce loro la
partecipazione a Stage professionalizzanti organizzati dalle scuole all’estero privando gli stessi di un diritto fondamentale,
nonché di un’adeguata formazione che permetta loro un corretto inserimento nel mondo del lavoro.
- come ci sia la mancanza di collaborazione a volte con le famiglie che ancora non considerano la scolarizzazione come un
investimento per il futuro dei propri figli.
- come permanga ancora il problema del ricambio nelle comunità, degli sgomberi e degli spostamenti che non consentono
una progettualità a lungo termine.
Drammatica viene presentata la situazione a Napoli, dove su una popolazione di circa seicento minori, trecento dei quali
frequentano la scuola e il rapporto numerico tra operatori e studenti è di circa 1/100. A Napoli si verifica un’inutile e dispendiosa
politica di repressione che non risolve realmente i problemi ma ne aggrava le ricadute negative sulle comunità e sulla società
ospitante. Si dovrebbe invece intervenire, in un’ottica integrata e soprattutto preventiva che passi per l’attuazione di serie politiche
sociali capaci di prevenire il disagio per una riduzione del danno.
Vengono, quindi, riformulate le seguenti proposte, già avanzate nel corso del VIII° seminario del dicembre 2005, all’allora Direttore
Generale dai vari gruppi di lavoro divisi per aree geografiche (nord, centro, sud), visto il Protocollo d’Intesa firmato il 22 giugno
2005 tra Opera Nomadi e Miur:
1) che venga attivato un progetto di indagine qualitativa e quantitativa
mantenendo l’anonimato, sui minori, per rilevare l’effettivo numero di
coloro i quali evadano l’obbligo scolastico ;
      1A) che l’Opera Nomadi e il MPI diano seguito al Seminario formando un
              gruppo di lavoro specifico;
2) che vengano attivati corsi per la formazione di mediatori culturali rom e
sinti; che venga costituita una banca dati che raccolga: progetti, modelli,
materiali da diffondere a livello nazionale;
3) che vengano attivati corsi di formazione rivolti agli insegnanti;
4) che il MPI solleciti l’applicazione del Protocollo d’Intesa a livello regionale.
Il Protocollo d’Intesa, infatti, dovrebbe stimolare e sensibilizzare le varie Direzioni Scolastiche Regionali perché è indispensabile
investire risorse economiche per finanziare seriamente i progetti di scolarizzazione, se effettivamente esiste la volontà politica
di tutelare i diritti della popolazione dei Rom e dei Sinti; altrimenti tutti i bei discorsi rimangono lettera morta.
Il 26 gennaio scorso presso il Ministero della Pubblica Istruzione abbiamo avuto il primo incontro con il nuovo Direttore Generale
Dott. Dutto che ci ha assicurato che verranno contattate le Direzioni Didattiche Regionali, che verrà formalizzata la
Commissione Tecnica dell’Opera Nomadi presso il Ministero e che verrà dato il pieno appoggio da parte della Direzione
Generale ad un progetto nazionale di indagine conoscitiva, mantenendo l’anonimato, sulla presenza dei minori rom, sinti e
camminanti in Italia e sul loro grado di scolarizzazione; tale progetto si rende necessario perché non siamo ancora in grado di
rilevare delle percentuali reali riguardanti l’evasione e la dispersione scolastica.
I funzionari presenti riferiscono che si sta discutendo un progetto di legge per affrontare tutti gli aspetti inerenti la peculiarità dei
rom e dei sinti e che comunque si adopereranno per favorire l’attenzione nei confronti delle problematiche specifiche che riguardano
questo popolo e in modo particolare nei confronti di quelle evidenziate nel corso di questo seminario.
APPENDICE
A) La Scolarizzazione in Italia
B) I Progetti in PADOVA e PROVINCIA CAMPANIA, LAZIO, PUGLIA,
La scolarizzazione in Italia
In Italia la piena scolarizzazione della popolazione dai 6 ai 10 anni è stata raggiunta sia per i maschi che per le femmine già a partire
dagli anni ‘50 e a metà degli anni ’60 la riforma della scuola media consentì di completare la scolarizzazione con riferimento
all’intero ciclo dell’obbligo scolastico.
L’esigenza di ottemperare al diritto all’istruzione per i minori rom e sinti si è sentita nel 1959, a livello di volontariato nelle
carovane e negli edifici privati e, sulla scia di queste esperienza, lo Stato Italiano nel 1965 si dotava di uno strumento istituzionale
costituito dalle classi speciali “Lacio Drom” (Buon cammino) che da 11 raggiunsero un numero di 60 nel 1970. Classi speciali
quindi, all’inizio all’interno di edifici scolastici per favorire la socializzazione e, in seguito, a causa dell’opposizione dei
responsabili locali della scuola e dei genitori degli altri alunni, i bambini rom e sinti furono ghettizzati in locali appartati, non idonei
e isolati. Nel 1974, venne dichiarata l’eccezionalità di tali classi e fu disposto che i minori rom e sinti fossero inseriti nelle classi
comuni, conservando però le classi speciali con una funzione di accoglienza di quegli alunni che presentavano un notevole ritardo
scolastico o che avevano una frequenza irregolare, a causa della vita nomade. Nel 1982 ci fu la definitiva soppressione delle classi
speciali, riconoscendo, nel caso gli alunni avessero difficoltà di apprendimento per l’appartenenza ad una cultura diversa o per il
problema del bilinguismo (il “romanès” per alcuni è la sola lingua parlata in famiglia, per cui si rende necessario insegnare l’italiano
come L2), un insegnante di sostegno.

Nel 1986 il Ministero diede nuove disposizioni in materia di scolarizzazione dei minori rom e sinti, disposizioni che precorrono la
Risoluzione Europea del Consiglio dei Ministri dell’Educazione del 22/05/1989.
Dopo aver richiamato la scuola materna, elementare e media al principio dell’obbligo scolastico che non è solo obbligo dei ragazzi
a frequentare la scuola, ma anche obbligo della scuola ad assicurare il massimo possibile di apprendimento a tutti i frequentanti, il
Ministero prescrive ad essa l’impegno di offrire un servizio adeguato nel “massimo rispetto dell’identità culturale dei soggetti
interessati e il dovere di predisporre, per quanto possibile, un’organizzazione proficua, soddisfacente e rispondente ai reali bisogni
degli stessi”.
Altro elemento importante è la creazione presso i Provveditorati agli Studi e gli Uffici Scolastici Provinciali di un Centro di
competenze specifiche con il compito di conoscere, vagliare, coordinare, le iniziative scolastiche sul territorio, in collegamento con
l’apposito gruppo di lavoro che avrebbe dovuto funzionare al Ministero, con gli Enti locali chiamati a garantire i servizi integrativi
necessari per la piena scolarizzazione. Nel 1989 e nel 1990 infine, il Ministero della Pubblica Istruzione ha emanato due importanti
Circolari riguardanti il diritto all’istruzione ai figli degli immigrati, quindi anche dei Rom giunti dall’Europa Orientale: la scuola li
deve accogliere anche se i genitori sono privi di permesso di soggiorno e realizzare un’educazione interculturale sia per superare
ogni forma di rigetto, sia per garantire ai bambini stranieri il rispetto della loro cultura.
Non solo, ma a proposito della lingua “romanès” nel 1981 il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione aveva approvato ed
inviato al Ministero una Raccomandazione (n° 125), insistendo non solo sul rispetto della lingua e della cultura nelle scuole ma
anche chiedendo appositi corsi di formazione di Rom e di Sinti in grado di insegnare la propria lingua (tutto ciò non fu mai attuato).
A tutt’oggi nonostante le varie Disposizioni Ministeriali, la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia e le
Raccomandazioni e le leggi ancora pochi sono i progetti avviati nel nostro paese per permettere un proficuo inserimento scolastico
dei bambini rom e sinti, e si continua purtroppo a registrare un elevato numero di minori che evadono la scuola dell’obbligo o la
frequentano saltuariamente.
Educazione Interculturale
Accanto ad una politica dell’accoglienza, è di fondamentale importanza prevedere di applicare nelle scuole la didattica
interculturale. Esiste una normativa dell’interculturalità nel nostro ordinamento scolastico; i documenti sono numerosi e di diversa
natura, tra questi i più significativi sono:
- Circolare n° 301 del 08/09/1989 e la successiva Circolare Ministeriale n° 205 del 26/07/1990, la n° 73 del 02/03/1994,
- La Pronuncia del C.N.P.I. del 23/04/1992 e del 24/03/1993, i programmi della scuola media che risalgono al 06/02/1979,
della scuola elementare del 12/02/1985,
- la legge di riforma dell’ordinamento della scuola elementare del 05/06/1990 n° 148.
Nonostante le Circolari Ministeriali, la Pronuncia del C.N.P.I., le premesse generali ai programmi dei vari ordini di scuola, i
programmi della scuola elementare e della scuola media, ancora in molte scuole la didattica interculturale non viene applicata. Si
tende a fornire un’educazione multiculturale al posto di un’educazione interculturale. L’educatore che assume una prospettiva
multiculturale considera la coabitazione delle differenze etniche, culturali e religiose come un processo storico naturale di cui si
prende atto, imposta tra le diverse culture un rapporto di tipo oggettuale (è una cultura in più da approfondire) tutto basato
sull’oggetto dello studio e sulla materia. Quando invece l’educatore costruisce un progetto educativo intenzionale, cioè compie una
scelta, passa dal multiculturale all’interculturale, non riducendo l’altra cultura ad un oggetto di studio in più ma imposta il rapporto
tra le culture in questo modo: non oggettuale ma soggettuale, non estrinseco ma intrinseco, non cumulativo ma interattivo, non
enciclopedico ma epistemico nel senso che l’altra cultura deve interessare per modificare lo spettro di indagine, assumendo un punto
di vista diverso sulla realtà, esterno al proprio sistema cognitivo.

L’educazione interculturale non è naturale ma deve essere voluta e provocata, l’insegnante stesso deve avviare un processo
personale di decostruzione mentale data da stereotipi e pregiudizi, cambiando la sua visione del mondo, superando il concetto di
monocultura e di centralità europea.
L’educazione interculturale è: riconoscimento dell’identità dell’altro, tutela e promozione del diritto di cittadinanza, educazione
antirazzista, prevede e comprende atteggiamenti e comportamenti, è superamento del monoculturalismo. E’ un processo
multidimensionale di interazione tra soggetti di identità culturale diverse, che, attraverso l’incontro (interculturale), vivono
un’esperienza profonda e complessa di conflitto/accoglienza. Ciò diviene una preziosa opportunità di crescita della cultura
personale di ciascuno nella prospettiva di cambiare tutto quello che è di ostacolo alla costruzione comune di una convivenza civile,
è, infine, considerarsi cittadini del mondo superando il concetto di nazionalismo dato dalla rigidità delle frontiere.
Tutto ciò si può riassumere nei quattro elementi strutturali dell’interculturalità:
a) l’integrazione.
b) L’empatia.
c) Il decentramento.
d) La transitività cognitiva.
Il conseguimento degli obiettivi succitati esige almeno tre cambiamenti del sistema scolastico:
a) l’attuazione del principio delle pari opportunità,
b) Il rifacimento dei libri di testo e l’adozione di tecniche attive e di
strumenti multimediali.
c) La riqualificazione degli educatori.
Di seguito alleghiamo alcune relazioni su progetti di scolarizzazione nel resto d’Italia:

 

PADOVA : Progetto di scolarizzazione
rivolto agli alunni Rom e Sinti presenti nel territorio provinciale

Anno scolastico 2006/2007 .
a cura della Presidente Opera Nomadi di Padova Prof..ssa Renata Paolucci
L’associazione Opera Nomadi è un Ente Morale che, per il raggiungimento del fine sociale, si ispira ai principi della Carta
dei Diritti dell’Uomo, alla Costituzione Italiana, alla Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, ai documenti e alle
Raccomandazioni adottate dalle Nazioni Unite e dall’Unesco, e fa proprie tutte le disposizioni a carattere umanitario, sociale ed
educativo emanate dall’Unione Europea, dal Consiglio d’Europa e dal Parlamento Europeo.
Su indicazioni del Consiglio Direttivo dell’Opera Nomadi Provinciale sezione di Padova, da nove anni vengono avviati dalla
nostra Associazione corsi di recupero scolastico a livello elementare e medio nella zona di Padova e Provincia e, con il Progetto
Scuola “Esmeralda”, già sperimentato durante gli anni scolastici 1997/98, 1998/99, 1999/2000, 2002/2003, 2003/2004, 2004/2005,
2005/2006 l’Opera Nomadi prov. Sezione di Padova si è occupata e si occupa dei Bambini rom e sinti che frequentano
regolarmente la Scuola dell’obbligo per favorirne l’inserimento socio - culturale e per permetterne il recupero scolastico all’interno
delle classi frequentate.
Negli anni scorsi il ns. lavoro si è svolto nella città di Padova all’interno di 26 Scuole tra elementari e medie inferiori, nella
Provincia di Padova, nelle scuole materne, elementari e medie di Piazzola sul Brenta , Tremignon, Cadoneghe, Legnaro, Vigonza,
Piove di Sacco, Codevigo, Correzzola, Villa del Bosco, Conca d’Albero, Candiana, Agna, Conselve, Arzerello ed Arzergrande, e,
nella Provincia di Venezia, nelle scuole di Pegolotte e Cavarzere. I ns. operatori, inseriti nelle Scuole, hanno finalizzato il loro
intervento ad un recupero scolastico e ad un inserimento socio – culturale degli alunni zingari all’interno delle classi da essi
regolarmente frequentate. A quelli con frequenza irregolare, per motivi culturali o per condizioni di disagio, soprattutto nella zona
del Piovese, è stato fornito un supporto scolastico presso i luoghi sosta e le abitazioni, coinvolgendo i familiari e stimolandoli alla
frequenza regolare dei propri figli. Grazie alla ns. presenza, si è notato un aumento dell’interesse, della volontà, dell’applicazione
e della motivazione a frequentare la scuola, da parte degli alunni e una maggior attenzione, da parte del personale docente, nei loro
riguardi. Si è comunque notato che gli insegnanti, pur favorendo nella maggior parte dei casi, l’inserimento degli alunni rom e
sinti, non sempre dimostrano una corretta conoscenza delle problematiche del loro mondo; tali problematiche vengono, infatti,
spesso associate e confrontate con altre realtà più o meno marginali o simili, ma che sono diverse dalla realtà zingara che, per
questo, va affrontata in modo specifico. Prerogativa irrinunciabile per una buona riuscita dell’intervento è la continuità didattica e
per questo motivo, la ns. associazione ha proseguito il suo lavoro, durante i mesi estivi, presso i campi nomadi sia pubblici che
privati, con attività di animazione e di rielaborazione dei programmi svolti dai bambini durante l’anno scolastico.
Dall’Opera Nomadi Provinciale sezione di Padova sono stati anche avviati dal 1995 corsi di recupero scolastico a livello
elementare e medio, sia a Padova città che in Provincia, rivolti a quei Rom e Sinti, minorenni, che, avendo abbandonato la scuola
dell’obbligo per superamento dei limiti di età, sentono l’esigenza di riprendere gli studi. I corsi sono stati frequentati da un buon
numero di minori che, alla fine, hanno potuto conseguire con successo la licenza di terza media e il diploma di V^ elementare. La
ns. associazione, quando gli alunni hanno assolto l’obbligo scolastico, provvede al loro inserimento nelle scuole superiori o nei
corsi di formazione professionale, e si attiva per avviarli ad un contesto lavorativo e sociale, qualificato per la loro realtà.
Fatta questa premessa di presentazione del ns. operato, illustriamo, nello specifico, il Progetto, iniziando dai riferimenti
normativi e legislativi.
Riferimenti Normativi e Legislativi
Il presente progetto si colloca all’interno di un contesto normativo volto:
al recupero della dispersione scolastica, a contrastare situazioni di abbandono e di emarginazione, a superare i pregiudizi nei
confronti dei Rom e dei Sinti, e a tutelare i diritti dei minori.
Ci pregiamo, perciò, citare i seguenti riferimenti normativi e legislativi:
1) Costituzione Italiana.
2) Convenzione Internazionale sui diritti dell’infanzia, approvata dall’Assemblea Generale dell’ONU il 20 novembre
1989, ratificata dall’Italia con L. 27 maggio 1991 n° 176.
3) Legge 337/1968.
4) Circolare n° 207/86: scolarizzazione degli alunni zingari e nomadi nella scuola materna, elementare e secondaria
di I° grado.
5) Circolare n° 205/90: la scuola dell’obbligo e gli alunni stranieri.
6) Legge Regionale n° 54/89: interventi a tutela della cultura dei Rom e dei Sinti.
7) Circolare Ministero Interno n° 15/93: patto di collaborazione tra scuola ed autonomie locali.
8) Decreto Interministeriale n° 832 del 15/04/1994: dispersione ed insuccesso.
9) Legge n° 142/90 art. 27.
10) C.M. Interni A.C. 1985: problema dei nomadi (Doveri istituzionali degli Enti Locali in materie anagrafiche e di
sosta).
11) Risoluzione del Consiglio dei Ministri: scolarizzazione dei figli degli zingari e dei girovaghi del 22/05/1989.
12) L.R. n° 31/85: norme di interventi per agevolare i compiti educativi delle famiglie e per rendere effettivo il diritto
allo studio.
13) D.M. 03/06/1991: orientamenti per la scuola Materna.
D.P.R. 12/02/1985 Nuovi programmi per la scuola Elementare.
D.M. 09/02/1979 nuovi programmi per la scuola Media.
14) L. n° 285/97 disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza.
15) Legge n° 216/91: interventi in favore dei minori a rischio anche nell’ambito delle strutture scolastiche.
16) Legge n° 196/97 in materia di promozione dell’occupazione.
17) Legge 144 del maggio 1999 che sancisce l’obbligo formativo fino al 18° anno d’età.
18) Legge n° 09/99: disposizioni urgenti per l’elevamento dell’obbligo di istruzione.
19) Risoluzione del Consiglio d’Europa n°249 (1993) su “Gli zingari in Europa: ruolo e responsabilità delle autorità
locali e regionali”.
20) Raccomandazione n° 1203 (1993) Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, punto 6°.
21) C.M. 12 Gennaio1994 n°5.
22) L. 06/03/98, n°40, art.36.
Fatte queste premesse, entriamo nel merito del Progetto che riguarda il servizio di recupero scolastico e inserimento socio -
educativo in favore dei minori rom e sinti, presenti nel territorio del Comune di Padova, che frequentano la scuola dell’obbligo.
Finalità del Progetto
L’utenza alla quale ci rivolgiamo riguarda una categoria di bambini (appartenenti ai gruppi: Sinti Veneti, Rom italiani, Rom
che provengono dalla ex-Jugoslavia) che rappresenta la prima generazione scolarizzata. Dopo aver constatato, in passato, un
frequente abbandono scolastico, si è ritenuto opportuno intervenire direttamente a scuola, durante le lezioni, in compresenza con gli
insegnanti di classe. La scarsa motivazione a frequentare le scuole dell’obbligo con conseguente insuccesso e abbandono scolastico
è dovuta, infatti, ad una molteplicità di motivi, tra loro concatenati: 1) l’emarginazione dei bambini rom e sinti da
IX° Seminario Nazionale
parte dei compagni, all’interno delle classi frequentate, causata dai pregiudizi esistenti, 2) un’accoglienza di questi minori, a
volte inadeguata da parte del personale scolastico, a causa della scarsa conoscenza della loro realtà e della loro cultura d’origine, 3)
la difficoltà di apprendimento da parte dei bambini stessi, a causa soprattutto del bilinguismo (in famiglia parlano il sinto o il
romanés), 4) l’atteggiamento refrattario di alcune famiglie zingare ad inserire i propri figli all’interno della scuola per diffidenza
nei confronti di istituzioni appartenenti ad una cultura “altra”, ad una società che li ha sempre emarginati e che temono allontani i
propri figli dalla cultura d’origine.
La nostra presenza, invece, ha permesso e permetterà che l’inserimento del bambino venga agevolato da una persona
competente, che i programmi didattici vengano integrati con materiali attenti alla salvaguardia della lingua e della cultura
d’origine e che si creino positivi momenti di incontro tra scuola e famiglia, indispensabili per instaurare un rapporto reciproco di
conoscenza e fiducia.
Comunque, l’obiettivo ultimo che la ns. associazione si prefigge è il superamento del progetto stesso: ci proponiamo di
contribuire a costruire una Scuola Specializzata, in cui la riflessione sulla pluralità incammini il pensiero verso una maturità
interculturale, dove venga riconosciuta la ricchezza che deriva dal dialogo e dallo scambio fra diversi orizzonti culturali, per una
ridefinizione degli stessi.

Le finalità e gli obiettivi del Progetto si possono così sintetizzare:
1) Incentivare e regolarizzare la frequenza dei Rom e dei Sinti nella scuola Materna, Elementare e Media.
2) Ridurre la dispersione scolastica.
3) Migliorare la convivenza tra gli alunni rom/sinti e non, attivando all’interno delle scuole momenti di animazione
interculturale per favorire l’incontro, la conoscenza, il dialogo, lo scambio tra culture diverse.
4) Azioni di sostegno finalizzate all’iscrizione alle scuole materne, elementari, medie, superiori e ai corsi di
formazione professionale.
5) Combattere stereotipi e pregiudizi, prevenire il disagio giovanile e contrastare il fenomeno dell’emarginazione
attraverso un corretto inserimento nel contesto sociale, favorendo contemporaneamente lo sviluppo della personalità
del bambino e dell’adolescente.
6) Migliorare il livello di apprendimento dei bambini rom e sinti.
7) Rivalutare costantemente la lingua e la cultura d’origine dei Rom e dei Sinti.
8) Contribuire a far in modo che la scuola venga vissuta come esperienza positiva e gratificante.
9) Sensibilizzare, informare ed aggiornare gli insegnanti e le diverse componenti scolastiche ed extrascolastiche, al
fine di far acquisire una conoscenza approfondita del mondo zingaro.
10) Incentivare la partecipazione delle famiglie rom e sinte alla vita della scuola.
11) Coordinare gli interventi dei diversi ordini di scuola, dell’Ente locale e delle ULSS.
12) Contribuire alla diminuzione dell’emarginazione sociale dei Rom e dei Sinti.
13) Favorire l’inserimento lavorativo e sociale, qualificato per la realtà dei Rom e dei Sinti.
14) Ottenere che, in futuro, si possa arrivare al superamento del Progetto stesso.
Obiettivi
Per gli alunni sinti e rom:
· far vivere la scuola come esperienza positiva e gratificante in modo da ottenere come risultato la frequenza
regolare.
· stabilire relazioni positive e socializzanti con tutti gli altri alunni.
· far acquisire il riconoscimento, l’accettazione e lo scambio con una cultura diversa dalla loro.
· garantire gli obiettivi di apprendimento che saranno stabiliti dalla programmazione didattica sulla base delle
verifiche del lavoro svolto durante l’anno scolastico e garantire, inoltre, pari opportunità del successo scolastico.
Per tutti gli alunni:
· far conoscere bambini appartenenti ad una cultura diversa, superando paure e preconcetti.
· Acquisire conoscenze relative ad una cultura altra, attivando uno scambio interculturale per scoprire differenze, somiglianze
e favorire il dialogo.
· Acquisire la consapevolezza che ogni bambino è portatore di diritti fondamentali e conoscerli.
Didattica, metodologia e interculturalità
Il nostro intervento rivolto agli alunni rom e sinti, frequentanti la scuola, verrà attuato adottando il seguente metodo:
- Intervento individualizzato nelle scuole frequentate dagli alunni rom e sinti.
- Compresenza degli operatori - insegnanti dell’Opera Nomadi provinciale sez. di Padova con gli insegnanti di
classe, all’interno delle scuole, per favorire il recupero scolastico e l’inserimento socio – culturale dei minori rom e sinti.
- Utilizzo di materiali didattici adeguati, con schede elaborate in funzione dei programmi scolastici e degli
interessi degli alunni.
- Rivalutazione costante della lingua e della cultura di origine.
- Esperienze di animazione, volte alla reciproca comprensione tra rom/sinti e non, anche nell’interesse delle scuole,
che favoriscano, durante le attività di animazione scolastica, l’inserimento degli alunni da noi seguiti nelle varie classi, per uno
scambio interculturale attraverso: disegni, giornalini, materiali vari, frutto del loro lavoro e attestanti la loro cultura, la loro
lingua, le loro usanze, laboratori linguisitici, teatrali, di didattica interculturale.
- Lezioni individuali di recupero all’interno dei campi nomadi e delle abitazioni al pomeriggio e, al mattino, in caso
di assenza dei ragazzi dalla scuola.
- attività di recupero scolastico e di animazione durante la pausa estiva.

Materiali didattici
Per gli alunni rom e sinti italiani che conoscono la nostra lingua, ma che in famiglia parlano il sinto o il romanés, verranno
utilizzati dei materiali didattici adeguati che permettano loro di acquisire una conoscenza più ampia ed approfondita della lingua
italiana.
Per gli alunni rom stranieri e per gli italiani, che conoscono poco la nostra lingua, verranno utilizzati materiali didattici
appropriati con schede adeguate per facilitare l’apprendimento della lingua italiana come L 2, passando attraverso le seguenti fasi:
I^ fase: alfabetizzazione ed apprendimento della lingua dei bisogni.
II^ fase: apprendimento della grammatica induttiva.
III^ fase: apprendimento della lingua dello studio, attraverso semplici testi.
Attuazione del Progetto
- Progettazione e riprogettazione (tra Enti, utenza ed operatori).
- Ascolto dell’utenza.
- Didattica e contenuti interculturali.
- Coordinamento con gli insegnanti nella programmazione iniziale. Presenza degli operatori durante i Consigli di
classe e interclasse.
- In caso di assenza degli alunni dalla Scuola, recupero scolastico presso i luoghi dove vivono.
- Attività di supporto sociale per sostenere il rapporto scuola-famiglia, svolte dagli operatori da noi formati.
Composizione équipe del Progetto di scolarizzazione in favore dei minori Rom e Sinti.
Il Progetto prevede l’impiego di:
· 1 coordinatore, che interverrà dal punto di vista organizzativo, amministrativo e didattico, con esperienza nel campo
della scolarizzazione dei minori rom e sinti.
· 1 supervisore, esperto sulle problematiche dei Rom e Sinti, che interverrà periodicamente per sovrintendere la
realizzazione del progetto.
· 1 psicologo, in grado di fornire una consulenza specifica nei casi in cui se ne valuti la necessità.
· 1 logopedista, in grado di intervenire nei casi in cui se ne valuti la necessità.
· 6 operatori/insegnanti, che sono qualificati e formati, con esperienza nel settore degli interventi in favore di
minori Rom e Sinti, che godono della fiducia delle famiglie rom e sinte, caratteristiche che sono essenziali per il buon esito
dell’esperienza. Il loro lavoro consisterà: nel recupero scolastico all’interno delle classi, in base alla programmazione didatticoeducativa
stabilita con gli insegnanti, in attività di animazione interculturale, in azioni di sostegno finalizzate alla creazione di
rapporti costanti tra le scuole e le famiglie, in azioni di sostegno finalizzate alle iscrizioni scolastiche, all’incentivazione e
regolarizzazione della frequenza dei minori rom e sinti nella scuola materna, elementare e media e alla riduzione della
dispersione scolastica.
· tirocinanti frequentanti la Facoltà di Scienza dell’Educazione che, dopo un periodo di formazione, siano in grado
di supportare il lavoro degli operatori/insegnanti. E’ previsto anche l’inserimento di mediatori culturali Rom e Sinti.
Definizione delle modalità d’intervento
Gli operatori daranno la propria disponibilità a programmazioni congiunte, indicativamente bimestrali, con gli insegnanti su:
ruoli, obiettivi e modalità, in modo utile e propositivo. Verranno inoltre redatte delle schede sui soggetti seguiti, per documentare
la qualità dell’intervento e i risultati ottenuti, al fine di coadiuvare, articolando congiuntamente il lavoro, gli insegnanti nelle scuole.
All’interno delle scuole saranno promossi:
a) incontri con proiezioni di video e dibattiti, sulla storia, la cultura e la realtà dei Rom e dei Sinti. Tali incontri saranno
rivolti a Capi d’Istituto, insegnanti, e genitori al fine di favorire l’incontro tra culture diverse.
b) iniziative su temi di confronto interculturale;
c) mostra delle attività di animazione.
Il lavoro ha, come parte integrante, un servizio di segretariato sociale attuato dalla ns. associazione attraverso gli stessi
operatori/insegnanti, i coordinatori, per lo sviluppo dei diritti sociali, la sicurezza e la vivibilità nei luoghi sosta e per opportunità
sociali e lavorative.
Inoltre, per combattere la dispersione e l’evasione scolastica, viene attuato un servizio di accompagnamento scolastico,
gestito da un componente del nucleo familiare residente nell’area di via Lungargine San Lazzaro n° 2. E’ riconosciuto un
contributo da elargire, come rimborso spese di trasporto, alle famiglie che usano i mezzi propri per accompagnare i bambini a
scuola. Sarebbe opportuno, per garantire continuità didattica ed efficacia al progetto, che lo stesso avesse durata almeno triennale.

 

Rete Interculturale “Senza Confini”
sede capofila Istituto Comprensivo
di Curtarolo (PD) e Campo S.Martino (PD)
Intesa di programma con Opera Nomadi di Padova


PROGETTO : SEGUENDO FIERE E SAGRE … per alunni/e itineranti
A cura dell’Insegnante Elisa Marini dell’Opera Nomadi di Padova
DESTINATARI
* Istituti Comprensivi Statali, Scuole Elementari, Scuole Medie Statali frequentate da alunni/e attrazionisti – giostrai.
CAMPO DI APPLICAZIONE
· ICS “Torri di Quartesolo 1” – via A. Moro,7 Torri di Q. (VI)
· SMS “Natale Dalle Laste” – Marostica (VI)
· ICS “L. Belludi” – Piazzola s/B (PD)
· SMS “Bellavitis” – Bassano del Grappa
· ICS “G. Marconi” – San Giuseppe di Cassola (VI)
· ICS di Grantorto – via Vitt. Em. III, 32 Grantorto (PD)
· SMS “Bertazzoli” – Piazzale Dante, 32 Carpenedolo (BS)
· ICS “Roncalli” – via G. Rossi, 38 Dueville (VI)
· ICS “G. Galilei” – Isola Vicentina (VI)
· ICS “Vicenza 2” – via Piovena, 31 Vicenza
· ICS “Marco Polo” – San Giorgio delle Pertiche (PD)
· ICS “Zanella” – Sandrigo (VI)
· SMS “Riese Pio X°” – Riese Pio X° (TV)
SOGGETTI COINVOLTI
· Operatori Scolastici (Dirigenti S., Docenti, ecc.)
· Alunni/e Attrazionisti – Giostrai e loro Famiglie (Teddy Catter, Meghi Rizzetto)
PROGETTO
FINALITA’ GENERALI
· Prevenire il disagio giovanile e contrastare il fenomeno dell’emarginazione attraverso lo sviluppo della individualità
del bambino e dell’adolescente.
· Promuovere l’inserimento nella realtà sociale che di volta in volta è in relazione con la vita di alunni/e attrazionisti.
· Migliorare il rapporto Scuola – Famiglia.
· Far acquisire un bagaglio culturale adeguato.OBIETTIVI SPECIFICI
· Favorire la partecipazione alle attività scolastiche didattiche curriculari.
· Favorire l’acquisizione di strumenti adeguati per affrontare gli impegni scolastici in modo autonomo.
· Sostenere un equilibrato passaggio fra i diversi gradi di scuola.
· Promuovere il proseguimento scolastico e/o un adeguato inserimento nel mondo del lavoro o in contesti formativoprofessionali.
· Garantire la qualificazione dell’esperienza nella scuola dell’obbligo, in modo che la frequenza diventi un’esperienza
significativa.
· Stimolare la partecipazione alle iniziative di socializzazione, di gestione del tempo libero e di promozione di attività
sportive, ludiche e culturali offerte dalle varie realtà locali.
OBIETTIVI DIDATTICI
ITALIANO
Leggere (comprensione scritta) :
- lettura scorrevole
- comprendere e ricavare le informazioni generali in un testo
- comprendere le intenzioni di chi scrive.
Ascoltare (comprensione orale) :
- comprendere i contenuti di un messaggio orale.
Parlare (produzione orale) :
- saper descrivere un’immagine o altro
- saper raccontare un’esperienza personale
Scrivere (produzione scritta) :
- saper descrivere un’immagine o altro
- saper raccontare un’esperienza personale.
STORIA
- Conoscere i fondamenti di educazione civica (la Stato Italiano)
- Utilizzare gli strumenti base della disciplina (carte, ecc.)
- Conoscere alcuni fatti del 1900 in termini essenziali.
GEOGRAFIA
- Avere nozioni delle implicazioni del rapporto uomo – natura
- Utilizzare gli strumenti base della disciplina (carte, ecc.)
- Possedere alcune nozioni dell’ambiente fisico e umano dei continenti.
MATEMATICA

Saper calcolare potenze e saper estrarre radici con l’uso di tavole numeriche e macchinetta calcolatrice
1) Saper eseguire le quattro operazioni – elevamento a potenza – estrazione di radice di frazioni
2) Conoscere il significato di numeri positivi e negativi; saper eseguire semplici operazioni con i numeri relativi
3) Saper disegnare figure geometriche nel piano cartesiano conoscendo le coordinate dei vertici
4) Saper calcolare perimetro e area di : triangolo, quadrato, rettangolo, rombo e trapezio, anche nel piano cartesiano
5) Saper applicare il teorema di Pitagora alle figure di cui al punto 5).
SCIENZE
Consegnare al ragazzo/a scheda riassuntiva dell’argomento affrontato in classe durante la sua frequentazione. Verrà
interrogato nella scuola successiva.
LINGUA INGLESE:
a) Conoscenza delle seguenti funzioni linguistiche:
1) Salutare, presentarsi
2) Parlare di se’ e della propria famiglia (uso del verbo ESSERE e del verbo AVERE nelle forme affermativa,
negativa e interrogativa)
3) Descrivere in maniera semplice se’ stessi e un’altra persona
4) Esprimere ciò che piace e non piace fare (uso di CAN e LIKE)
5) Descrivere delle immagini (Uso di THERE IS e THERE ARE)
b) Conoscere alcuni verbi al tempo presente semplice e presente progressivo

Per poter sostenere la prova scritta d’esame:
- esercitare alla composizione di lettere sia in italiano che in inglese, rispettando le regole formali
(indirizzo, data, incipit, saluti finali.
- esercitare all’uso del Dizionario Bilingue per agevolare lo svolgimento della prova.
Nella prova d’esame ci sarà sicuramente una prima parte in cui l’alunno dovrà parlare di se’ come indicato nei punti 1 – 2- 3- 4.
LINGUA FRANCESE
A)Conoscenza delle seguenti funzioni linguistiche:
2) Salutare, presentarsi
3) Parlare di se’ e della propria famiglia
4) Descrivere in maniera semplice se’ stessi e un’altra persona
5) Esprimere ciò che piace e non piace fare
6) Descrivere delle immagini
B) Conoscenza delle seguenti nozioni grammaticali:
a) Presente indicativo dei verbi ETRE e AVOIR
b) Presente indicativo dei verbi del primo gruppo in ER e dei principali verbi irregolari
c) Le forme affermativa, interrogativa e negativa
d) Uso di IL Y A
C) Capacità di comporre semplici lettere personali rispettando le regole formali: indirizzo, data, incipit, formule di saluto e di
cortesia.
In sede d’esame saranno verificate, tramite il colloquio e l’esame scritto le competenze espresse ai punti A) e C)
EDUCAZIONE TECNICA
- Saper riconoscere e rappresentare graficamente le principali figure geometriche piane
- Saper leggere semplici schemi , cartografie e disegni.
EDUCAZIONE ARTISTICA
Conoscenza ed uso delle tecniche espressive
- Utilizza semplici tecniche di base
- Sa disegnare semplici elaborati colorati con i pastelli a matita e pennarelli
- Sa completare i propri lavori.
Produzione e rielaborazione dei massaggi visivi
- Ha superato in parte il linguaggio stereotipato
- Sa rendere più variate le proprie produzioni grafiche e le arricchisce di particolari.
EDUCAZIONE MUSICALE
- Saper riprodurre/interpretare con strumenti e/o voce semplici ritmi e melodie.
- Saper riconoscere all’ascolto gli elementi essenziali di un brano (timbro, ritmo, struttura formale …)..
- Saper rielaborare con voce e/o strumenti semplici idee ritmico-melodiche a fini espressivi.
EDUCAZIONE FISICA
- Nozioni elementari di autonomia e fisiologia relative all’apparato locomotore, al sistema scheletrico, al sistema muscolare e
nervoso, agli apparati respiratorio e cardiocircolatorio
- Elementi di traumatologia e primo soccorso
- Conoscenza dei vari elementi di alcune specialità atletiche, salti, lanci, corse
- Conoscenza dei vari elementi individuali o di squadra di un gioco sportivo con nozioni di regolamento.
METODOLOGIA DIDATTICA PROPOSTA
Nel rispetto delle impostazioni metodologiche e didattiche delle singole Scuole e relativi Consigli di Classe, si cercherà di
privilegiare :
· per uno sviluppo positivo dell’individualità in un contesto sociale, la partecipazione ad attività di gruppo – laboratori –
progetti ove l’espressione di sé attraverso i linguaggi non verbali sia esperienza significativa;
· per un recupero – apprendimento – approfondimento delle conoscenze di base (di cui agli obiettivi didattici), interventi
individualizzati e di sostegno anche al di fuori del gruppo classe.

STRUMENTI
· Schede didattiche e/o fotocopie da libri di testi specifici in riferimento agli argomenti trattati, attingendo anche ad
edizioni e materiale didattico per il ciclo scolastico inferiore rispetto alla classe effettivamente frequentata dagli alunni di cui in
oggetto.
· Utilizzo di quaderni e/o cartelline a cura dell’alunno/a interessato, quale testimonianza – documentazione del percorso
di studio ed esercitazione svolto in itinere.
· Adozione del quaderno – registro disponibile in cartaceo presso l’Editrice Schola di Veggiano Padova, per il
rilevamento della frequenza e il passaggio tra le varie scuole degli argomenti trattati con relative verifiche e valutazioni educativo –
didattiche.
VERIFICHE E VALUTAZIONI
Si suggeriscono verifiche degli argomenti acquisiti :
· soprattutto nelle scuole dove avrà luogo il soggiorno più duraturo;
* unicamente per gli argomenti trattati in relazione al piano di lavoro individualizzato.
Si consigliano valutazioni che tengano presenti :
· interesse e partecipazione alle attività proposte;
· modalità di relazione con compagni ed insegnanti;
· impegno ed applicazione soprattutto in ambito scolastico (senza escludere il lavoro domestico) per quegli incarichi ed
esercitazioni previsti dal piano di lavoro individualizzato;
· progresso nel recupero e/o acquisizione e/o approfondimento delle conoscenze trattate.
Per la valutazione finale determinante il passaggio alla classe successiva, il Consiglio di Classe dovrà considerare
necessariamente verifiche e valutazioni espresse dalle singole scuole frequentate durante l’anno scolastico in corso.
Per la valutazione del presente progetto, si verificherà l’esito positivo e relative difficoltà incontrate nel percorso scolastico
sia dagli alunni in oggetto e loro famiglie, sia dagli operatori scolastici.

 

AUDIZIONE PRESSO LA COMMISSIONE INFANZIA DELLA CAMERA DEI DEPUTATI 

Seduta del 23/6/2005

 



...Audizione del dottor Massimo Converso, presidente dell'Opera nomadi, della professoressa Renata Paolucci, responsabile nazionale del settore scuola dell'Opera nomadi, e del signor Kasim Cizmic, capo famiglia Rom.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'infanzia in stato di abbandono o semiabbandono e sulle forme per la sua tutela ed accoglienza, l'audizione del dottor Massimo Converso, presidente dell'Opera nomadi, della professoressa Renata Paolucci, responsabile nazionale del settore scuola dell'Opera nomadi, e del signor Kasim Cizmic, capo famiglia Rom.
Ringrazio il presidente Converso e gli altri ospiti per la loro presenza. Vorrei che nell'ambito dell'audizione odierna venissero affrontati una serie di temi, a cominciare dall'accordo intervenuto fra Governo e Opera nomadi, del quale desidereremmo conoscere meglio i vari aspetti.
Invito inoltre il presidente Converso ad affrontare in questa sede un problema che è all'attenzione dell'opinione pubblica italiana. Mi riferisco al fenomeno per cui alcuni campi nomadi, perlomeno quelli situati presso le grandi città, sono diventati il ricettacolo di tutto: si va dall'immigrazione clandestina, fuori controllo, alla protezione di persone che commettono reati.
Il problema è rappresentato dallo stato di allarme che si sta creando nei cittadini, che nuoce alla nostra politica verso l'immigrazione e non favorisce una corretta integrazione di queste persone nella nostra società. Sarebbe invece auspicabile l'instaurazione di un corretto rapporto tra i cittadini e i nomadi di stirpe Rom i quali, sia pure nelle loro varie sfaccettature, hanno da sempre convissuto, in maniera autonoma e lavorando, con i vari popoli che li hanno accolti in vista di una loro integrazione. È interessante sapere che tipo di lavoro svolgono oggi questi nomadi per mantenere la loro identità ma anche per potersi sostenere.
Infine, vorremmo conoscere le modalità con le quali avviene l'integrazione dei bambini nella scuola. In altre parole, come si riesce a garantire a questi bambini il loro diritto all'istruzione? Ricordo che il nostro obiettivo è rappresentato dalla tutela del superiore interesse del fanciullo e che è necessario comprendere come tale interesse possa essere perseguito e assicurato.
Do quindi la parola ai nostri ospiti.

MASSIMO CONVERSO, Presidente dell'Opera nomadi. Premetto che, nel corso di questa consiliatura, il numero delle audizioni svoltesi con il Governo è stato in assoluto superiore a quelle dei precedenti 35 anni di vita dell'Opera nomadi. Finalmente il primo risultato concreto è rappresentato dalla stipula del protocollo d'intesa nazionale tra MIUR e Opera nomadi sulla scolarizzazione dei bambini Rom/Sinti, che d'ora in poi chiameremo sempre in questo modo posto che il seminomadismo è circoscritto soltanto ad alcuni gruppi di giostrai, i Sinti giostrai, al gruppo dei Camminanti siciliani, cioè gli ex arrotini e ombrellai, e al gruppo dei Rom Kalderasha, cioè i Rom naturalizzati italiani, giunti da Fiume nel 1941 dopo l'arrivo dei soldati nazifascisti, che ne eliminarono 20 mila. Questi sono gli ultimi gruppi di seminomadi ed ammontano a non più di 15 mila persone, in pratica il 10 per cento dei 150 mila presenti; in una scheda, che è a vostra disposizione, abbiamo sintetizzato tutti questi dati.
All'interno della medesima scheda è contenuta anche una valutazione su un'operazione che per noi ha rappresentato uno degli esempi più negativi nella storia dei Rom/Sinti italiani. Mi riferisco all'operazione «spezza catene». Abbiamo saputo che questa Commissione ha ricevuto il funzionario di polizia responsabile dell'operazione, il quale però, a nostro giudizio, è stato indirizzato male. I bambini coinvolti in questa operazione sono stati inseriti - per pura combinazione - nelle scuole del paese di mia moglie, in Calabria, per cui ho avuto modo casualmente di incontrarli e tutti, a gran voce, hanno chiesto di ritornare nelle proprie famiglie.
Vi parlo di questo episodio perché nessuna istituzione ha provato a fare della prevenzione per questi bambini che, vi assicuro, non erano stati torturati. Certamente essi svolgevano un'attività immorale per tutti noi, cioè chiedevano l'elemosina, ma a riprova di questa loro attività sono stati portati i sacchetti contenenti gli spiccioli, la testimonianza di una creatura di 9 anni e alcune fotografie scattate ai semafori: dovremmo, quindi, arrestare e sottrarre alle famiglie dai 20 ai 40 mila bambini in Italia, posto che il fenomeno, ormai, presenta queste dimensioni.
Nella scheda ho anche riferito che il fenomeno dell'evasione scolastica, il più grave di tutta Europa, è di almeno 20 mila minori, quasi tutti rumeni e dell'ex Iugoslavia. Vi faccio subito notare che i bambini della ex Iugoslavia sono tutti nati in Italia, anzi, abbiamo migliaia e migliaia di capi famiglia Rom nati in Italia. Come saprete, però, il nostro paese non riconosce lo ius soli bensì lo ius sanguinis. Per questo motivo, l'emarginazione e la mancanza di integrazione aumentano.
L'Opera nomadi svolge un tipo di politica particolare. Non a caso si tratta dell'unico ente morale fra le associazioni, di gran lunga la più antica. Abbiamo 27 sezioni su tutto il territorio italiano, dalla Sicilia fino a Bolzano, città dove, nel 1966, è nata l'Opera. La nostra politica è quella della solidarietà e delle regole.
Quando critichiamo operazioni indiscriminate di polizia, nello stesso tempo riconosciamo le responsabilità soggettive. Cito ancora l'operazione di Cosenza perché si è trattato di un fenomeno di sottrazione di massa dei bambini alle famiglie. Questi bambini, in una città dove c'erano più regole, come Napoli (sembrerà strano, ma il sindaco Jervolino e i suoi predecessori hanno attuato un progetto di scolarizzazione per questi bambini) erano scolarizzati. Abbandonata Napoli a causa della guerra di camorra che ha colpito i Rom, questi ultimi, «rifugiatisi» a Cosenza, si sono trovati di fronte ad un impeccabile funzionario di polizia che li ha seguiti per un anno e mezzo, lanciando una campagna stampa di odio verso questa comunità. Alla fine, ci siamo ritrovati nella situazione che tutti sappiamo.
Cito questo esempio perché non era quello il modo di procedere. Tra le proposte che troverete all'interno della nostra scheda, c'è quella di attuare immediatamente il protocollo di intesa, che non ha una base finanziaria. Abbiamo proposto una conferenza delle direzioni scolastiche regionali per il 7 dicembre 2005 presso il MIUR, in modo che questo problema non venga affidato da una parte alla polizia e dall'altra a qualche assessore alla pubblica istruzione di buona volontà: di fronte ad un fenomeno di 20 mila bambini che  evadono totalmente l'obbligo scolastico, serve una dimensione nazionale e non ci si può più affidare alla buona volontà.
È vero - siamo noi i primi ad ammetterlo - che questi bambini, nella stragrande maggioranza, sono dediti alla questua e, molto spesso, al furto in appartamento e al borseggio, mentre il fenomeno, di cui si è parlato molto, dei Rom bulgari e della compravendita è veramente limitato a 10-15 casi in tutta Italia, quindi sarebbe sbagliato generalizzarlo. Quando i giornalisti di Rai 3 ci hanno chiamato per l'episodio, altrettanto orribile, dei giovanissimi Rom stupratori di Milano, abbiamo notato come in realtà ci si occupi di questo problema solamente in negativo. La conferenza stampa di ieri, in cui l'amministrazione comunale di Roma ha presentato il progetto esecutivo di raccolta differenziata dei metalli, ha avuto risalto solamente nelle cronache locali.
Il nostro monito, allora, è il seguente: collaboriamo, istituiamo quell'ufficio centrale del Governo italiano per il problema dei Rom/Sinti che nel nostro paese, unico Stato in Europa, non esiste: manca, infatti, un ufficio che coordini gli interventi in questo campo. Spesso vengono dilapidati milioni di euro in iniziative non verificate, non controllate, a volte solo per favorire qualche associazione amica cui consentire di sopravvivere, ma i risultati sono scarsissimi. Per questo motivo, ribadiamo che occorrono solidarietà, contributi all'integrazione ma anche regole da concordare con i capi famiglia.
L'ospite di oggi, il signor Kasim Cizmic, rappresenta il classico esempio di un ragazzino che, arrivato in Italia, a Milano, nel 1966, nel momento in cui cominciava a crollare la società contadina jugoslava e, quindi, i mestieri dei Rom non servivano più alla struttura economica portante - loro che esercitano sempre mestieri ad integrazione della struttura economica principale - tuttora non si vede riconosciuta la cittadinanza italiana. I suoi figli e nipoti sono tutti nati in Italia e lui non riesce ancora ad ottenere un suo diritto.
Insomma, c'è un patto sociale che dobbiamo stringere con le popolazioni Rom ma, nello stesso tempo, lo Stato deve mostrare la sua presenza non solo attraverso gli organi di polizia. Questo non significa che l'ufficio minori stranieri della questura di Cosenza non dovesse fare il suo dovere; bisognava, però, prima incontrarsi con le istituzioni e verificare se questi bambini fossero scolarizzati. Mentre erano in atto le riunioni per la scolarizzazione dei bambini, una bella mattina, preceduta da una serie di articoli sulla stampa - quindi, concordata adeguatamente con la stampa per dare visibilità e maggior risalto in televisione a tutto l'intervento - questa operazione ha preso piede. I bambini, dal canto loro, ci hanno confermato di non essere stati mai picchiati e vogliono tornare presso le loro famiglie.
Permettetemi ora di passare in rassegna le proposte dell'Opera nomadi. Innanzitutto, occorre creare un ufficio nazionale in cui siano presenti uno o due mediatori che, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, coordinino le varie attività dei ministeri in merito. Rispetto al resto d'Europa, abbiamo pochissimi laureati (in Italia ce ne sono due, fra cui il nostro segretario nazionale) in grado di lavorare in ufficio.
In secondo luogo, con la dottoressa Carlà, all'epoca dirigente del dipartimento immigrazione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali ma poi, purtroppo, allontanata, dopo due riunioni con i rappresentanti di tutti i Rom/Sinti italiani era stato concordato, insieme alle prefetture, un censimento qualitativo e quantitativo delle presenze. In mancanza di questo, dei dati reali, è impossibile stabilire una politica di intervento. Molti, infatti, purtroppo negano la propria identità; invece, è bene conoscere chi si è integrato e avere un quadro chiaro.
In terzo luogo, bisogna attuare il protocollo sulla scolarizzazione. L'Opera nomadi, per prima, non vuole vedere bambini ai semafori o portati via con le auto della polizia perché sorpresi a borseggiare o a rubare negli appartamenti. Se ne parla poco ma, purtroppo, ci sono stati anche quattro o cinque casi di bambini deceduto mentre rubavano negli appartamenti perché sono caduti dai cornicioni, o il caso di Tartan Sulic, il bambino di Padova che purtroppo è stato colpito da un carabiniere.
In quarto luogo, esiste la questione abitativa, che veniva segnalata dal presidente. Solo l'Italia ha campi nomadi; in nessun altro paese d'Europa esistono campi nomadi. I finanziamenti europei vengono quindi utilizzati male. Si controllino i progetti europei: milioni di euro vengono spesi per indagini, balletti, cinema e altre cose futili. In Germania, Francia, Paesi Bassi, Inghilterra, Belgio, il Rom viene accolto immediatamente in casa. Certamente il Belgio è il più avanzato dei paesi occidentali perché propone anche l'avviamento al lavoro e le licenze di commercio. In Germania, Francia, Inghilterra ci si limita a dare a queste persone una casa e un sussidio, purché non circolino per strada.
Per quanto riguarda i paesi dell'est, il problema è un altro: queste persone vengono solo dalla Bulgaria e dalla Romania. Dalla Iugoslavia, ormai, non arriva più nessuno, almeno da dieci anni. Questo accade perché i Rom sanno benissimo che la Romania e la Bulgaria entreranno ben presto nell'Unione. Abbiamo effettuato una visita ufficiale in Ungheria l'anno scorso: questo paese, il cui 5 per cento della popolazione è Rom, vanta una politica sociale così avanzata da garantire un sussidio minimo di sopravvivenza a tutti i Rom. Abbiamo visitato anche l'estrema periferia del paese e abbiamo trovato centinaia di Rom che lavoravano nelle cooperative agricole. Questo potrà stupire, ma i Rom si adattano a fare tutto, da sempre.
La nostra politica dei campi nomadi è dunque una politica di addestramento dei minori alla devianza. Questo punto deve essere molto chiaro. Il blocco stradale di circa un mese fa da parte dei cittadini Rom di Reggio Calabria era dato dal loro rifiuto di andare a vivere in un quartiere dove c'erano già 60 famiglie Rom. Essi vogliono vivere in nuclei di cinque o sei famiglie al massimo: superato questo numero, si entra nel circuito terribile non solo della microcriminalità, ma anche della macrocriminalità.
I campi nomadi vanno pertanto eliminati gradualmente. Occorre una politica della casa che deve essere distribuita sul territorio. Non dico che a Roma dovrebbero vivere 12 mila Rom. Ci sono centinaia di paesi che potrebbero accogliere queste persone, come è dimostrato dalla bella esperienza di Casalecchio di Reno, dove i Rom serbi, che sono quelli più a rischio, si sono inseriti dal punto di vista sia lavorativo, sia abitativo.
L'Opera nomadi è a disposizione, come sempre, dei ministeri, dello Stato, degli enti locali per portare esempi pratici e arrivare ad un sistema di solidarietà e regole. La solidarietà senza le regole non funziona, così pure le regole senza la solidarietà e l'avviamento al lavoro.
Concludo a questo punto il mio intervento e rimango a disposizione per eventuali chiarimenti.

RENATA PAOLUCCI, Responsabile nazionale del settore scuola dell'Opera nomadi. Intervengo nella mia qualità di presidente dell'Opera nomadi di Padova e di consigliere nazionale dell'Opera nomadi. Mi collego al discorso del presidente dell'Opera nomadi, Massimo Converso, per quanto riguarda il problema dei campi nomadi. Da anni, stiamo sostenendo la necessità dello smantellamento di questi campi e chiediamo, in alternativa, non l'inserimento in abitazioni bensì la creazione di microaree nelle quali le famiglie possano vivere, soprattutto le famiglie Sinti. Non dimentichiamo, infatti, che gli zingari - come sono definiti comunemente - si distinguono in Sinti e Rom e che le famiglie Sinti, per ragioni culturali, preferiscono vivere nelle famiglie allargate e non accettano di entrare in appartamenti in cui sarebbero smembrate. Pertanto, chiediamo che siano create microaree che, peraltro, già esistono nel nord e centro Italia.

MASSIMO CONVERSO, Presidente dell'Opera nomadi. Quest'anno sono state inaugurate alcune microaree costruite dal comune, una delle quali a Bolzano.

RENATA PAOLUCCI, Responsabile nazionale del settore scuola dell'Opera nomadi. Generalmente sia i Rom sia i Sinti, se ne hanno la possibilità, acquistano le microaree; chiedono invece aiuto all'amministrazione comunale quando non hanno la possibilità economica di acquistare questi piccoli terreni. Le persone inserite in queste aree non creano alcun problema alla popolazione e non hanno bisogno di essere gestite. L'unico problema fondamentale da affrontare è quello del loro inserimento scolastico. Per quanto riguarda la vita e l'integrazione, quindi, non creano problemi di sorta.
Secondo me, manca la volontà politica di smantellare i campi nomadi. Lo affermo per esperienza personale. A Padova, e nel Veneto in generale, ci sono state amministrazioni di centrodestra e anche amministrazioni di centrosinistra. Da molti anni lottiamo affinché i campi nomadi siano smantellati e ancora, nonostante l'amministrazione sia di centrosinistra, manca questa volontà politica; anzi, si cerca di estenderli e, al più, di inserire alcune innovazioni al loro interno. Si tende a mantenere i campi nomadi perché in questo modo gli zingari possono essere più facilmente controllati e quando si devono effettuare azioni di polizia si è in grado di estenderle a tutte le persone presenti nel campo.
Questa considerazione è piuttosto importante perché se non iniziamo un percorso di vera integrazione per quanto riguarda i Rom e i Sinti non risolveremo mai il problema. Se ancora non abbiamo attuato politiche di sistemazione per queste persone già presenti da anni in Italia, come potremo risolvere il problema di tutti coloro che stanno premendo alle frontiere, dalla Romania e dalla Bulgaria, e che entreranno in Italia?
Che cosa si può fare per risolvere il problema dei Rom e dei Sinti? Innanzitutto, è necessario avviare progetti di scolarizzazione per i bambini e, quindi, impegnare risorse economiche a questo scopo. Altrimenti, non è possibile realizzare alcun progetto e non è possibile nemmeno affidarli esclusivamente al volontariato perché, in questo modo, si risolve poco e si ottiene un intervento di tipo essenzialmente assistenziale.
Sono necessari anche progetti seri, perché si tratta di servizi sociali, da realizzarsi ad opera di persone preparate affinché si possa consentire, finalmente, ai bambini Rom e Sinti di seguire un serio percorso scolastico nella scuola dell'obbligo. Si aggiunga che questi bambini devono poter frequentare anche le scuole superiori o corsi di specializzazione, per essere poi avviati al lavoro.
Inoltre, è necessario risolvere il problema dell'habitat in cui vivono queste persone, come già ricordavo, attraverso il loro inserimento in abitazioni o l'individuazione di quelle microaree di cui si è detto, per coloro che ne facciano richiesta.
È indispensabile, poi, un avviamento ad un lavoro che sia consono alla loro indole: non è detto, infatti, che tutti i Rom e i Sinti debbano essere inseriti nelle fabbriche; potrebbero essere impiegati in cooperative che si occupino del verde, di riciclaggio di materiali ferrosi o quant'altro, secondo l'esempio dell'Opera nomadi di Roma o di Reggio Calabria. Inevitabilmente, se queste persone non riescono a trovare lavoro, e se non si interviene in sinergia con le istituzioni, continueranno a compiere azioni ai limiti della legalità oppure a vivere basandosi sull'assistenzialismo e sull'accattonaggio.
Vorrei operare un'altra distinzione tra Rom e Sinti italiani e stranieri. Voi vi state occupando di infanzia in stato di abbandono o di semiabbandono: ebbene, tra i Rom e i Sinti italiani questo fenomeno non esiste. Da anni, ormai, nessuno manda più i figli a chiedere l'elemosina. Bisogna capire questo, altrimenti si rischia di generalizzare. L'accattonaggio è praticato soprattutto dai figli dei Rom - e non da tutti - provenienti dalla Romania e dalla Bulgaria; un tempo, anche da quelli provenienti dalla Serbia ed in genere dall'ex Jugoslavia. Comunque, questa pratica sta cessando anche tra loro perché quasi tutti  mandano i figli a scuola e li stanno avviando al mondo del lavoro. Ciò non significa, tuttavia, che la nostra società debba tendere alla totale assimilazione di queste persone. Noi non vogliamo questo, essi devono mantenere le loro usanze e la loro cultura. Questo compito spetta alla scuola, la quale deve attivare una didattica interculturale e valorizzare la loro lingua e cultura, senza cercare in tutti i modi di applicare rigidamente i programmi ministeriali anche nei confronti di queste persone, appunto perché sono di cultura diversa. Se si riuscirà a valorizzarla, certamente queste persone continueranno a conservare le loro usanze - come è giusto - pur inserendosi nel nostro contesto sociale.

KASIM CIZMIC, Capo famiglia Rom. Vorrei ringraziare i presenti e la Commissione per l'attenzione che ci è stata rivolta. Sono un Rom khorakhanò, ossia musulmano, proveniente dall'ex Jugoslavia, terra che lasciai nel 1966 insieme ai miei genitori. La gente Rom è parte di un unico popolo: dovremmo dunque parlare non di Sinti, giostrai o camminanti ma piuttosto di diverse provenienze geografiche. Come un cittadino italiano può essere romano, milanese, torinese o genovese, a seconda della provenienza, così accade che i nostri componenti si siano stabiliti in aree territoriali differenti, pur appartenendo ad un popolo identico.
In qualità di capo famiglia Rom e di rappresentante dell'Opera nomadi, da circa 25 anni intrattengo rapporti di collaborazione con numerosi organismi; nella mia veste di mediatore culturale, ho avuto occasione di rappresentare le istanze della mia gente anche dinanzi al Parlamento europeo, esponendo i problemi del popolo Rom, per cercare di migliorare le sue condizioni, non solo in Italia ma in tutto il mondo. Le nostre difficoltà sono molteplici e voi certamente conoscerete i numerosi disagi che vorremmo superare. Come ha spiegato il presidente Massimo Converso, siamo assolutamente favorevoli al miglioramento delle condizioni di vita delle famiglie Rom, soprattutto dei bambini, e siamo contrari a qualsiasi forma di sfruttamento nei loro confronti. Ma abbiamo bisogno di aiuto per agire concretamente: senza il sostegno di coloro che abbiano limitate od estese responsabilità istituzionali, certamente non saremo in grado di ottenere alcun esito sperato.
Massimo Converso ha poi giustamente osservato che i problemi non si risolvono con i soli progetti: crediamo, piuttosto, che collaborando adeguatamente con le istituzioni, con il Governo italiano, potremmo ottenere risultati importanti. Da soli, infatti, non disponiamo delle forze o del potere necessario per intervenire, sebbene possiamo far molto con la nostra gente, entrando nei campi nomadi e parlando con le famiglie che conosciamo.
Vorrei anche far presente che non è abitudine né uso della gente Rom adoperare violenza nei confronti dei minori; il fenomeno ha semmai iniziato a comparire - in forme sinora limitate - solo da pochi anni: prima di allora, uno zingaro non immaginava neppure che cosa fosse il traffico degli organi di bambini, perché aveva a cuore il benessere dei propri figli. Io che vivo in un campo nomadi di mille persone, e sto in mezzo alla mia gente, conosco da vicino la nostra realtà e mi oppongo a quello che sta accadendo. Abbiamo costituito anche una commissione, un congresso, per comprendere le ragioni di questo nuovo fenomeno e facciamo tutto ciò che è nelle nostre possibilità per capirne le dinamiche, riunendoci e discutendo frequentemente.
La criminalità, tuttavia, non affonda le proprie radici tra la nostra gente, la criminalità non è Rom, è piuttosto trasversale, ed esistono criminali di diverse etnie. Tra di noi, onorevole presidente, c'è anche molta gente onesta. È per questo che chiediamo aiuto e sebbene, spesso, attorno a noi ci sia il buio, ci opponiamo a tutte le forme di sfruttamento: qualcuno sicuramente capirà la nostra intenzione di aiutare noi stessi, i nostri figli e l'intera collettività.
Avrei molto altro da dire, ma sono certo che voi già conosciate in modo approfondito i motivi delle nostre preoccupazioni, disponendo della documentazione e di tutto ciò che riguarda i problemi del popolo Rom. Collaborando insieme, istituendo un tavolo - atteso da tanti anni, in Italia ed in altri paesi balcanici e dell'Europa occidentale -, otterremo miglioramenti certi, come dimostra quanto avvenuto in Spagna, dove il tavolo è stato realizzato, inaugurando una fase di confronto e di collaborazione, e dove il Governo interviene concretamente per risolvere i problemi esistenti. Addirittura, nel luogo da cui provengo gli zingari sono nel Governo, collaborano, e questo consente di ottenere validi risultati. Chiediamo da voi un aiuto: se arriverà - noi lo crediamo e di questo vi ringraziamo - otterremo risposte proficue per entrambe le parti.
Prima di concludere, vorrei accennare brevemente all'Unirsi (Unione nazionale e internazionale Rom e Sinti in Italia), un'associazione che abbiamo costituito insieme con Opera nomadi, per soccorrerci, per aiutarci reciprocamente e garantire una chance alla nostra gente. Ribadiamo la comune volontà di collaborare con voi, per salvaguardare i bambini che vivono nelle città italiane, per tutelarli dal traffico di organi o da altre forme di sfruttamento esistenti.

PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti per il prezioso contributo ai nostri lavori: il loro intervento ha suscitato in noi perplessità, domande, richieste di chiarimenti che mi auguro saranno soddisfatte nel corso dell'audizione odierna.
Prima di dare la parola ai colleghi, vorrei formulare alcune osservazioni. Voi parlate di Rom e, nel farlo, sembrate comprendere quasi tutti coloro che, entrati in Italia, circolino nei cosiddetti campi nomadi. Presumo, però, che non tutti siano Rom: disponete forse di un censimento dei Rom italiani? In quale maniera controllate l'ingresso di Rom europei o di non Rom?
Il popolo italiano è accogliente per sua natura, come dimostra il caso di una regione in cui mi sono a lungo fermata, l'Abruzzo, che intrattiene da sempre un rapporto piuttosto positivo con la comunità Rom locale, la quale si è integrata sul territorio anche stabilendosi in appartamenti (sebbene in uno di essi, di soli 60 metri quadrati, risultassero inserite circa 30-40 persone...!). Voi però siete un popolo incline a spostarsi e questo implica di per sé una serie di difficoltà, soprattutto per la vita dei vostri figli. Un bambino ha bisogno di stabilità, di cure sanitarie ed educative; l'integrazione scolastica è poi essenziale per la sua formazione: voi parlate di integrazione «vera», ma alla luce di queste considerazioni, vi domando cosa intendiate con questa espressione.
Inoltre, anche in Italia esistono cittadini più sfortunati, costretti a vivere sotto la soglia di povertà, ed ogni regione cerca di affrontare i problemi esistenti per migliorare la situazione di questa fascia della popolazione, in gran parte ex contadina. In altri termini, esiste un'emergenza abitativa popolare anche per gli italiani. Avete ragione a parlare di abitazioni e a richiedere sistemazioni diverse dal ricovero in un campo nomadi, però vorrei far presente che la vostra domanda deve sottendere una volontà reale di integrazione - anche sotto forma di inserimento nel mondo del lavoro -, di assunzione di responsabilità e di controllo degli individui.
Infatti, se noi blocchiamo i rumeni, i peruviani, i colombiani, i cechi che entrano in Italia in base alla legislazione sull'immigrazione, non possiamo consentire che i Rom vi giungano indiscriminatamente: commetteremmo un'ingiustizia dal punto di vista sociale nei confronti di popolazioni tutte egualmente spinte dal bisogno. Infatti, non si viene dal Perù in Italia per fare vacanza; si viene in Italia perché nel proprio paese si muore di fame. Vi è quindi anche questa necessità di controllo da parte vostra, in qualità di organismo centrale.
Inoltre, voi parlate del fenomeno dei bambini al semaforo; noi parliamo anche di bambini in grembo a donne o uomini: proprio nei pressi della Camera dei deputati vi è stato il caso, passato per le mie mani, di una donna con un bambino di circa tre anni ricoperto di lividi. Ho fatto personalmente intervenire la polizia municipale, presso il cui centro (che è un bel centro nel quale si risparmia al bambino il trauma di essere portato in questura) è stato controllato lo stato di salute di quel bambino. Quella stessa donna, che in teoria è stata fermata per accertamenti alla fine di luglio, era in questa zona nei primi giorni di settembre, con un bambino che palesemente non poteva essere suo figlio.
Voglio dire che si tratta di aspetti che voi, in qualità di Opera nomadi, dovete affrontare fortemente; altrimenti, l'accattonaggio effettuato tramite i bambini più piccoli, che è un fenomeno che ripugna, crea nella popolazione una barriera di sospetti, anche nei riguardi di coloro che magari si sono integrati. Occorre quindi controllare i Rom e i Sinti, con riferimento al problema delle quote di ingresso.
Per quanto riguarda il mantenimento delle usanze, voglio segnalare il caso di una scuola di Roma che ha integrato 110 etnie diverse: si tratta della «Daniele Manin», che integra in modo intelligente. Tuttavia esiste anche l'usanza dell'infibulazione, che non vi riguarda direttamente. Vi sono cioè usanze che possono essere mantenute ed altre che invece devono essere eliminate; fanno certamente parte di un bagaglio culturale, ma il nostro paese ha sottoscritto la Convenzione di New York, documento in cui si parla di superiore interesse del fanciullo. Se per voi esiste un'usanza secondo la quale potete tenere un bambino con i capelli lunghi, il fiocco da bambina, le unghie smaltate e gli abiti femminili, questa è un'usanza che non può essere accettata e non può essere difesa. Voi dovete essere al nostro fianco nella difesa della legalità e della protezione di quel bambino, magari contro quei genitori. Sappiamo infatti che le principali violenze avvengono nelle famiglie, non solo Rom. Pertanto, come noi ci scagliamo contro le nostre famiglie che commettono violenze nei riguardi dei nostri bambini, voi dovreste fare altrettanto nei riguardi delle famiglie che compiono violenze verso i vostri bambini.

MARIDA BOLOGNESI. Vorrei in primo luogo ringraziare i rappresentanti dell'Opera nomadi intervenuti, sperando che questo non rimanga un incontro isolato. Credo che le problematiche evidenziate, anche se l'occasione è utile a compiere un'indagine a tutto campo sull'infanzia in stato di abbandono permanente, meriterebbero probabilmente un lavoro distinto.
Infatti, nel grande tema che comprende le vicende dei bambini di Chernobyl in soggiorno temporaneo, la chiusura degli istituti, il tema dell'affido familiare e quello del semiabbandono permanente, che non consideriamo soltanto legato alla etnia Rom, quest'ultima in generale rappresenta una fattispecie che nella società di oggi sta emergendo e che comunque non è inquadrabile in una fattispecie giuridica riconosciuta in Italia.
Nel nostro ordinamento infatti si parla di bambino in stato di abbandono o di bambino in famiglia, qualsiasi essa sia. La nostra è una riflessione di carattere generale sull'istituto dell'affido familiare in relazione a progetti esistenti di sostegno all'infanzia: padrinaggio, madrinaggio, aiuti tra famiglie che vanno oltre l'esistenza di una sola famiglia, che non è garanzia di per sé assoluta rispetto alla tutela dei diritti dell'infanzia.
Vi sono violenze in famiglia, ma anche un abbandono scolastico prematuro e atteggiamenti di abbandono generalizzato rispetto alla crescita e alla formazione in una società complessa come la nostra, con stati crescenti di povertà. In sofferenza non è soltanto il livello centrale, come sede di «piattaforma», ma anche quelli locali, perché questi ultimi hanno registrato una serie di tagli delle risorse.

MASSIMO CONVERSO, Presidente dell'Opera nomadi. Il «cancro» è rappresentato dai progetti europei!

MARIDA BOLOGNESI. Le amministrazioni locali faticano a mantenere alcuni servizi. Abbiamo udito il comune di Milano e quello di Roma e forse sarebbe opportuna una riflessione con l'ANCI per comprendere come si possa operare, in una fase di ristrettezza delle spese, senza considerare tale questione come un ramo da potare, perché in questo caso vi sarebbe una ricaduta negativa su altre attività e si pregiudicherebbe il lavoro effettuato in precedenza.
Tuttavia, in termini di contributo all'indagine conoscitiva, l'intera tematica potrebbe meritare, chiusa questa fase della legislatura, un nostro impegno in termini morali, in un certo senso «seminando» rispetto al futuro. Pertanto, indipendentemente dalla campagna elettorale che si aprirà fra quattro o cinque mesi, come Commissione abbiamo il dovere di puntualizzare alcuni aspetti e di verificare se può essere utile coinvolgere diverse realtà.
Alcuni profili sono stati evidenziati dal presidente; altri non li condivido, come per il tema delle quote. Tuttavia, concordo sicuramente sulla riflessione dell'onorevole Burani Procaccini circa le modalità attraverso le quali, nelle pieghe di questa diversa realtà, sia possibile eliminare confusioni che incrementano l'incertezza e la difficoltà del controllo; controllo non considerato come opera di polizia - purtroppo serve anche quello, in alcuni casi - bensì dal punto di vista sociale, quale capacità di capire quello che si sta muovendo.
Penso infatti che il futuro dei nostri figli vedrà popolazioni differenti. L'immigrazione è ormai un fatto naturale e storico e anche se oggi, più o meno giustamente, possiamo essere gelosi della nostra cultura, sono convinta che per le generazioni future non sarà più così: l'immigrazione è un fenomeno che richiede solo di essere governato. Proprio per questo motivo ritengo che dovremmo ragionare in maniera specifica su come il contributo vostro e di altre associazioni possa essere più utile, magari nell'ambito di un tavolo di riflessione per individuare le modalità di un maggior controllo sociale.
In questo senso, come possiamo - personalmente, ritengo che la risposta stia nel censimento - attuare tale controllo sociale sugli spostamenti delle famiglie, a scapito di eventuali infiltrazioni di soggetti altri che dentro le vostre comunità possono trovare un riparo e nascondersi? È chiaro che questo diventa un problema di coinvolgimento, seppure indiretto, anche delle comunità Rom che hanno seguito e stanno seguendo percorsi diversi.
Personalmente, pur provenendo da una regione come la Toscana, che molto ha fatto in favore delle comunità Rom, continuo a vedere anche da noi i campi nomadi. Vorrei sapere se esistano tavoli regionali di cui voi siate a conoscenza, o realtà pilota a livello locale che possano offrire un contributo alla risoluzione del problema.
Penso che, nell'ambito di un federalismo che presenta anche aspetti positivi, sarebbe utile capire come allargare al resto della collettività le esperienze migliori. Avete iniziative o idee da proporre per attuare un controllo sociale tale da impedire il sorgere di situazioni promiscue, magari al limite della legalità, che genererebbero solo sentimenti di ostilità e rifiuto nelle comunità locali, scatenando una guerra fra poveri?
Inoltre, vorrei sapere perché parlate di una migliore integrazione solo in appartamento. Per quale ragione affermate che un appartamento di 100 famiglie si tradurrebbe, senza meno, in una scuola di criminalità? Bisognerebbe capire perché tali famiglie, se divise - come succede per alcune realtà - non producono lo stesso fenomeno. Vi invito ad approfondire e chiarire meglio questo aspetto. Forse la vicinanza di famiglie troppo numerose rischia di favorire fenomeni di clandestinità, offrendo esse maggiore riparo e protezione ad eventuali elementi pericolosi? Comunità troppo numerose potrebbero coprire, sia pure involontariamente o indirettamente, simili realtà?
Inoltre, vorrei approfondire il tema dei mestieri verso cui i membri delle vostre comunità manifestano una maggiore vocazione. Spesso succede che gli italiani stessi non vogliano più svolgere alcuni mestieri per i quali, invece, esiste una vocazione da parte di molti membri appartenenti alle comunità Rom.  Un'ulteriore questione riguarda l'abbandono scolastico. Ritengo che, laddove affermate che ormai tutte le famiglie mandano a scuola i loro bambini, presentiate dei dati un po' troppo ottimistici.

RENATA PAOLUCCI, Responsabile nazionale del settore scuola dell'Opera nomadi. Siamo stati fraintesi!

MARIDA BOLOGNESI. A me, infatti, sembra che l'obbligo scolastico venga largamente evaso. Conosco molti insegnanti e, provenendo io stessa dal mondo della scuola, posso affermare che anche in realtà come quella toscana, dove su alcuni servizi sono stati compiuti passi da gigante, tale fenomeno è preoccupante: pur esistendo un pulmino che porta i bambini a scuola, non si riesce a far sì che essi la frequentino con un minimo di regolarità. Sicuramente la scuola stessa dovrebbe essere più pronta ad accogliere e ad interessare questi bambini, ma è altrettanto vero che ciò vale ormai anche per quei bambini che provengono da altri paesi in cui, al contrario, si frequenta la scuola. Forse si potrebbe ragionare, anche a livello locale, per preparare meglio i maestri, magari attraverso iniziative formative, con il vostro aiuto o con quello dei mediatori.
Personalmente, credo molto al tema dei mediatori culturali, che potrebbe essere recepito dalle amministrazioni locali; tuttavia queste ultime scontano sempre un problema di costi e spesso fanno fatica a mantenere in piedi iniziative del genere.
D'altra parte, bisogna anche ammettere che il problema di cui trattiamo è tutto europeo; soprattutto con l'allargamento, esso riguarderà non solo l'Italia ma tutta l'Europa. In questo senso, trovo molto interessante il vostro contributo perché potrebbe essere utilizzato anche nell'ambito di strategie comuni.
Recentemente abbiamo incontrato il commissario europeo per i diritti umani, recatosi in Italia la scorsa settimana, ed insieme abbiamo riflettuto sul problema e chiesto una sua opinione in merito. Egli ha manifestato disponibilità ed interesse ad accogliere sollecitazioni ed idee; per questo vi invito a proseguire sulla strada dei contatti e dei rapporti già intessuti.
Da parte nostra, potremmo cercare di stimolare la ripresa di un tavolo con il Governo, soprattutto per quanto riguarda l'iniziativa del censimento che incredibilmente è stata interrotta e che dovrebbe, invece, essere ripresa (potremmo assumere una posizione come Commissione, invitando direttamente il Governo a riprendere questa iniziativa). Infatti, non è possibile alcuna forma di prevenzione se manca una fotografia della realtà; in mancanza di un censimento, continueremo a ragionare in astratto.

RENATA PAOLUCCI, Responsabile nazionale del settore scuola dell'Opera nomadi. È stato presentato un progetto per il censimento.

MASSIMO CONVERSO, Presidente dell'Opera nomadi. La risposta è stata l'allontanamento di un impeccabile funzionario.

MARIDA BOLOGNESI. Signor presidente, forse potremmo presentare un atto di indirizzo al Governo e invitarlo presso la Commissione per cercare di riprendere questa iniziativa.
Come ho già affermato, non può esistere alcuna prevenzione in mancanza di una conoscenza dei dati. Temo, purtroppo, che andando verso la campagna elettorale questi ed altri temi possano essere utilizzati in modo strumentale. Spero che il nostro senso di responsabilità ci spinga a non considerare il periodo elettorale del 2006 come un facile momento per propagandare temi popolari. Siamo parlamentari di lungo corso e sappiamo che la nostra responsabilità deve venire prima di questo; quindi, senza aspettare fino al 2006, se invitassimo quanto prima il Governo - magari attraverso una risoluzione - a rispondere sull'interruzione del censimento, potremmo dare spazio a qualche buona iniziativa per il futuro.
Infine, se sul tema dell'abbandono scolastico c'è stato un malinteso, ora chiarito,  vorrei però invitarvi a non pensare alla famiglia come ad un luogo di protezione indiscriminato per i bambini. Purtroppo, nella società moderna ciò non è più vero e questo vale anche per le famiglie italiane. Occorre che i diritti e gli interessi dell'infanzia prevalgano comunque, a prescindere dall'appartenenza. Ritengo che questo sia un punto che ci accomuna e ci rende riconoscibili.
Penso sia giunto il tempo, anche per voi, di non giocare più in difesa. Purtroppo, giocando in difesa non si allontana il razzismo; al contrario, esso aumenta. Dobbiamo giocare d'attacco ed essere ambiziosi in termini di obiettivi; poi, forse, potremmo accontentarci di giocare un po' in difesa. Però, all'inizio dobbiamo andare all'attacco, perché è interesse collettivo restituire al mittente alcuni messaggi che si moltiplicano, che fanno paura e che hanno influenza sulla popolazione. Questo vale per la comunità Rom ma anche per quella degli immigrati che vive e magari è integrata e lavora in Italia. Purtroppo, molti sono costretti al lavoro nero a causa di leggi che limitano l'integrazione lavorativa e che dobbiamo osservare; però, dobbiamo combattere questi messaggi. Credo che questo ci possa accomunare ed aiutare in futuro.

TIZIANA VALPIANA. Ringrazio i nostri ospiti per questo interessantissimo incontro. Credo che su questo tema non si sia mai riflettuto abbastanza perché, in realtà, le sfaccettature sono molte. Tralascio quanto è stato già detto dalle colleghe e su cui sono d'accordo: si tratta di questioni che anch'io mi ero posta.
Mi collego a quanto ha affermato il presidente dell'Opera nomadi, Massimo Converso, relativamente al fatto che uno dei passaggi importanti consisterebbe nella istituzione di un ufficio centrale per coordinare gli interventi sui nomadi. Inoltre, credo che sarebbero necessari un ufficio regionale, un ufficio provinciale e un ufficio comunale, fino ad arrivare a un tavolo di confronto all'interno delle circoscrizioni, nelle città e nei piccoli paesi. I problemi sono macroscopici, certamente, ma consistono anche nella convivenza e nel confronto tra le popolazioni. Mi riferisco alla realtà che conosco meglio, quella di Verona - ma credo che in quasi tutte le città accadano le stesse cose - dove una popolazione Rom e Sinti è stata trasferita da un campo all'altro; in realtà, per molti anni è stata spostata da un posteggio ad un altro, da un'area asfaltata ad un'altra, sempre sotto il sole. Ovunque sia stata collocata dall'amministrazione comunale, ha incontrato una aprioristica ostilità da parte della popolazione.
Il primo problema di cui dovremo occuparci - sia in Parlamento sia presso le comunità locali - è quello di far conoscere alla popolazione italiana le problematiche delle popolazioni Rom e Sinti. È necessario mettere le persone a confronto, conoscersi e pervenire ad un patto sociale di condivisione del territorio sul quale si deve e - mi auguro - si vuole convivere. Vorrei sapere se esistano esperienze di tavoli di confronto tra le popolazioni, non soltanto all'interno delle amministrazioni o ad opera delle persone più sensibili; vorrei sapere se ci sia stato un confronto nei quartieri, per esempio, quanto al modo in cui convivere, condividere gli spazi e integrarsi.
Un'altra questione che mi interessa particolarmente è capire insieme a voi - anche se credo sia un tema molto difficile - fin dove possa arrivare l'integrazione che vorremmo realizzare, impedendo che diventi assimilazione. In altri termini, bisogna individuare un confine tale per cui le giuste abitudini siano preservate e lasciate nella disponibilità di ciascuna persona, pur dovendo condividere la vita e pervenire alla integrazione di usi e costumi diversi. Da questo punto di vista, constato che molto spesso le abitudini di queste popolazioni sono assolutamente sconosciute o misconosciute; perciò, alcune difficoltà gratuite sono prodotte dalla nostra ignoranza.
Ad esempio, frequento abitualmente il carcere della mia città, dove incontro Rom e Sinti mescolati ad altre popolazioni; essi non hanno diritto alla visita delle loro mogli perché sono sposati secondo un rito non riconosciuto. Questo significa che, magari per quattro o cinque anni, non incontrano i loro figli e in tal modo noi creiamo degli spostati proprio in quei bambini che non hanno contatti con i loro padri. Un altro esempio può essere quello di una donna Sinti con la quale parlavo alcuni giorni fa e che sgridavo perché ha smesso di allattare suo figlio (posso permettermelo perché sono in confidenza con loro). Questa donna mi raccontava che, essendo stata inserita in un progetto realizzato dal comune di Verona, ha dovuto accettare la regola secondo cui le donne inserite nel campo di Boscomantico non possono chiedere la carità; quindi va a chiederla a Padova, lasciando a casa il bambino. In definitiva, questa donna deve allontanarsi per un maggior numero di ore sia per acquistare il latte in polvere - che ha un costo - sia per andare a Padova. Si consideri che, essendo il marito in carcere, è priva di sostentamento e, allo stesso tempo, il comune la obbliga a non chiedere la carità.
Molte volte, pur spinti da buona volontà, creiamo problemi dovuti alla mancanza di conoscenza e di rispetto delle regole altrui. Ritengo, infatti, che un matrimonio, soprattutto quando ci sono bambini, debba essere rispettato, qualunque sia il rito e a prescindere dalla trascrizione nella Repubblica italiana. Evidentemente, ne va delle relazioni tra le persone e soprattutto - visto che questo tema ci interessa maggiormente - delle relazioni con i bambini.
Un altro tema che deve essere analizzato è quello dei progetti relativi ai campi Rom. Penso che, in realtà, in questi campi vivano persone adulte e maggiorenni che non hanno bisogno di alcuna tutela e sanno vivere benissimo senza la necessità di essere gestite. Forse, hanno bisogno di essere ascoltate e di non essere obbligate a fare cose che non intendono fare. Nell'esperienza che conosco, ci sono alcune famiglie provenienti dalla Romania che vivevano in casa; dal momento che ci hanno detto di essere Rom, abbiamo assegnato loro una roulotte. Se qualcuno mi obbligasse a vivere in tali condizioni, probabilmente avrei notevoli problemi, mi troverei in difficoltà per lavarmi e ne deriverebbe una serie di conseguenze che noi condanniamo nelle altre popolazioni. Perciò, un altro tema che mi interessa moltissimo è quello relativo alla casa (stante la considerazione in precedenza espressa dalla presidente Burani Procaccini). Ne abbiamo dibattuto anche in Assemblea in occasione della discussione del decreto sulla emergenza abitativa: il dramma della casa in Italia esiste per chi non abbia grandi mezzi di sostentamento ed esiste per tutti, anche per i nomadi.
Vi domando pertanto quale tipo di progetto potremmo realizzare, secondo la vostra esperienza e alla luce di quanto è stato attuato altrove, se volessimo impostare, presso una comunità locale, un programma di integrazione e non di assimilazione.
Passando ad un'altra esperienza personale, ricordo che una associazione, di cui sono presidente, gestisce, in un campo nomadi, uno spazio per mamme e bambini, al fine di seguire l'allattamento. Lo definisco un nido ma non è assolutamente tale: si tratta di uno spazio nel quale i bambini possono rimanere fintantoché le loro madri vanno a fare la questua, anche ai semafori. Vi abbiamo trovato una grande collaborazione da parte delle donne Rom, che hanno infatti dimostrato un forte desiderio di partecipazione attiva. Insieme abbiamo pensato, ad esempio, alla possibilità di realizzare un progetto - attualmente sospeso, a causa dei permessi non ancora ottenuti - finalizzato alla creazione di un laboratorio di sartoria per confezionare gonne tradizionali da vendere in città (sarei io stessa una delle prime acquirenti), sfruttando le straordinarie abilità delle donne Rom, capaci di realizzare bellissimi capi di abbigliamento femminile.
Sarebbe utile recuperare queste conoscenze appartenenti alla vostra antica tradizione, in parte abbandonata anche a causa delle condizioni di vita delle donne Rom all'interno dei campi nomadi e alla mancanza di incentivi che le inducano a dedicarsi a certe attività. A tale scopo, apprezzeremmo davvero che, in futuro, quello spazio destinato a madri e bambini venisse gestito direttamente dalle donne del campo e fosse aperto anche ai nostri figli, liberi di frequentarlo e di giocare lì nei loro pomeriggi.
Forse non vedremo mai compiuto questo percorso: ugualmente, vi chiedo di indicare quali siano i passi migliori da intraprendere, perlomeno per avviarlo. Come possiamo progressivamente creare condizioni abitative e di convivialità all'interno di un campo, tali da favorire la promozione di soddisfacenti forme di autogestione, riconoscendo ad un Rom la stessa possibilità - che ognuno di noi pretende - di vivere dignitosamente e in forma autonoma la propria esistenza?

RENATA PAOLUCCI, Responsabile nazionale del settore scuola dell'Opera nomadi. Vorrei rispondere all'ultima domanda posta dall'onorevole Valpiana sui progetti realizzabili nei campi. In realtà - credo di averlo già detto precedentemente - ritengo che i campi debbano essere smantellati e che sia determinante, semmai, individuare soluzioni ad essi alternative, non necessariamente coincidenti con l'inserimento in abitazione. Una soluzione valida, infatti, potrebbe anche consistere nell'individuazione di microaree, cioè terreni di modeste dimensioni dove inserire i gruppi di famiglie allargate, installandovi case mobili o roulotte. Del resto esistono casi di microaree con i servizi igienici esemplari...

MASSIMO CONVERSO, Presidente dell'Opera nomadi. Stiamo parlando di un gruppo specifico...

RENATA PAOLUCCI, Responsabile nazionale del settore scuola dell'Opera nomadi. No, questo modello è valido anche per i Rom italiani: anche alcuni di loro vorrebbero vivere così.

MASSIMO CONVERSO, Presidente dell'Opera nomadi. Sono una minoranza, in realtà.

RENATA PAOLUCCI, Responsabile nazionale del settore scuola dell'Opera nomadi. Personalmente ritengo che ascoltando i Rom-Sinti potremmo trovare delle soluzioni alternative. In genere, la nostra società si limita ad imporre a questa gente le proprie condizioni senza possibilità di scelta, eppure credo che sia possibile individuare qualcosa di diverso dai campi nomadi, promuovendone l'integrazione nella nostra società, rivelatasi sinora dominante.
È dimostrato che i bambini sistemati in strutture abitative decorose, una volta inseriti a scuola, riescano più facilmente ad integrarsi con i loro coetanei, con riflessi positivi anche al di fuori dello stesso ambiente scolastico (come, ad esempio, la possibilità di condividere il tempo libero con i loro compagni, essere invitati ad una festa...), ciò che difficilmente avverrà finché la loro vita sarà confinata all'interno dei campi nomadi, in assenza dei presupposti di base per la loro integrazione sociale. Vivendo in una casa, o al limite in una roulotte sistemata in un piccolo terreno, all'interno appunto di una microarea, ciascun bambino potrà migliorare le proprie condizioni di vita e diverrà, così, molto più agevole estendere al di fuori delle mura scolastiche quell'interscambio culturale che intendiamo promuovere.
Dobbiamo, inoltre, aggiungere un'osservazione di fondamentale importanza. Esiste anche una forte diffidenza - sebbene non sia mai stato detto - da parte delle famiglie Rom-Sinti nei confronti della nostra società. Intanto, ci considerano quasi tutti dei pedofili, dei venditori di organi. Solo la scuola, dunque, potrà permettere di cambiare la situazione esistente, abbattendo il muro tra la nostra società e la loro e superando diffidenze e pregiudizi reciproci.
In risposta all'onorevole Valpiana, vorrei peraltro assicurare che la nostra volontà di mediazione non ci impedisce di riconoscere fatti di gravità estrema - allorché si verifichino - che siamo i primi a condannare e a voler reprimere, come avviene in tutti i casi di violazione dei diritti umani, soprattutto dei minori. Un'associazione che miri statutariamente - come la nostra - alla tutela dei diritti dei Rom e dei Sinti verrebbe meno ai propri obiettivi laddove non cercasse di garantire soprattutto i diritti dei minori. Ci rifiuteremmo di svolgere una funzione mediatrice che, di fronte a quelle ipotesi di violazioni gravi, particolarmente dirette contro i diritti dell'infanzia, pretendesse di difendere certe situazioni, al limite della stessa tollerabilità. Il nostro obiettivo primario rimane assolutamente quello di tutelare i bambini e le donne. Vorrei che questo fosse ben chiaro a tutti voi.

PRESIDENTE. Comprendo perfettamente le sue parole, come pure l'entità del problema di cui stiamo discutendo. Ci sono stati casi particolarmente gravi, come quello del piccolo Rom di cinque anni trovato a Milano, con i capelli lunghi pettinati da bambina, che io stessa ho subito condannato, rilasciando una dichiarazione stampa, nel corso della quale invitavo a non operare facili generalizzazioni: si trattava pur sempre di un episodio isolato e volevo sin dall'inizio che questo fosse chiaro. Fatti del genere debbono essere valutati separatamente, trattandosi di situazioni di volta in volta diverse: sovente, casi abnormi finiscono per essere ascritti ad un'etnia che pure non ha nulla a che fare con questi. Ricordo ad ogni modo che fu comunque rivendicata una presenza da parte dell'Opera nomadi.
Rammento, soprattutto, che poco dopo i fatti di Milano qualcuno - non so neppure chi esattamente - rilasciò alcune dichiarazioni, tentando di ridimensionare la vicenda: si sostenne che quella di tenere i capelli lunghi fosse un'abitudine tradizionale del popolo Rom. Mi domando come si faccia a dire qualcosa di simile, conoscendo l'entità della vicenda attraverso le dichiarazioni rese alla polizia da parte di coloro che trovarono il bambino «erotizzato» e travestito da bambina. È chiaro che, in casi simili, certi atteggiamenti non possano essere mantenuti. Noi e voi dovremmo essere tutti a fianco del minore, indipendentemente dall'etnia o dal colore.

RENATA PAOLUCCI, Responsabile nazionale del settore scuola dell'Opera nomadi. Specialmente quando si tratta di minori, onorevole presidente. Credo che questa non sia solo la mia opinione, ma anche quella comunemente diffusa nell'Opera nomadi, che certamente non intende divenire complice degli autori di reati simili, questo è certo. Massimo Converso non potrà che condividere le mie parole. Fa l'altro, fatti come quelli ricordati appaiono spesso ascrivibili a fenomeni più complessi, generalmente gestiti dalla criminalità organizzata, italiana e straniera: in casi simili, mi pare del tutto indiscutibile quale sia la linea da sposare.
Abbiamo avuto un caso anche noi a Padova. Sembrava fosse stata comprata una bambina da parte di famiglie bulgare. In quel momento, insieme a tutti i Rom abbiamo assunto una posizione ben chiara; insieme a tutti i Rom e i Sinti, che mai si sarebbero comportati in questo modo. Abbiamo indetto una conferenza stampa e ci siamo mossi, prendendo le distanze da una famiglia del genere. Non possiamo generalizzare.

PRESIDENTE. Assolutamente no.

RENATA PAOLUCCI, Responsabile nazionale del settore scuola dell'Opera nomadi. Per quanto riguarda la Toscana, conosco abbastanza quella situazione. È vero che esiste una politica di accoglienza eccezionale, anche se permangono i campi nomadi. Si intendono tuttavia smantellare, ma manca ogni progetto di scolarizzazione. I progetti di scolarizzazione in Toscana riguardano soltanto l'accompagnamento fisico dei bambini e non la mediazione scuola-famiglia, con l'intervento dei mediatori, degli operatori Rom e Sinti e non. Da questo punto di vista si registra un fallimento per quanto concerne la frequenza, non riuscendosi a debellare l'evasione scolastica.
Parlavo invece di successo e sul versante della scolarizzazione soltanto nei casi in cui vi siano progetti seri che non devono continuare all'infinito. Tuttavia, ricordiamoci che questa è la prima generazione scolarizzata: si comincia per mirare al superamento di questi progetti. Speriamo che i figli di queste persone scolarizzate non ne abbiano più bisogno. Occorrerebbe insistere su tale aspetto, sul quale potrebbe essere utile un incontro con l'ARCI.

MASSIMO CONVERSO, Presidente dell'Opera nomadi. Vorrei sollecitare tutti i componenti della Commissione a seguire queste concrete proposte. Siamo preoccupati più noi di quanto accadrà nei prossimi cinque anni in Italia che non probabilmente chi gioca al massacro, come è avvenuto sulla stampa negli ultimi dieci giorni. Calcoliamo che ogni anno entreranno tra i 10 e i 15 mila Rom rumeni e bulgari in Italia: ne sono già entrati 50 mila circa negli ultimi cinque anni.
Si tratta di un problema da affrontare definitivamente dal punto di vista quantitativo. Parlavo di un disastro effettuato dall'ARCI in Italia: noi non siamo tra coloro che difendono in maniera integralista certe posizioni. Pertanto, il buonismo non ci interessa; ci interessano le regole perché il buonismo non aiuta. Tuttavia, milioni di euro sono andati ad associazioni «amiche», che hanno effettuato viaggi in Romania. Quanti viaggi in Romania: spettacoli, musica, la cucina tradizionale che non esiste per i Rom, perché questi riprendono le tradizioni dei posti in cui si trovano. Questi progetti di cooperazione con i Rom non hanno prodotto in nessun paese alcun posto di lavoro.
Pertanto, occorre controllare questo fenomeno: in tal senso, il progetto della dottoressa Carlà deve essere ripreso immediatamente (si trattava di un'idea dell'allora ministro Jervolino). Per quale ragione il ministro Maroni si rifiuta da due anni di riceverci? Siamo stati ricevuti in tutti i ministeri, tant'è che alla nostra assemblea nazionale parteciperanno il Ministero dell'interno e quello dell'istruzione. Parlare con il ministro Maroni è impossibile: vi sarà qualcuno con il quale discutere nell'ambito di questo ministero. Noi chiediamo che quell'ufficio venga subito ricostituito.
Perché lasciare tutto nelle mani delle prefetture e delle questure? Stiamo collaborando con tutti: a Cosenza, dove si registra uno dei più alti tassi di criminalità - peraltro, l'Abruzzo è in testa da questo punto di vista - ci è stato chiesto di incontrare il prefetto ed il questore. L'Opera nomadi non «gioca» a ricevere risorse per mantenersi. Quell'ufficio deve essere riaperto subito. Chiedo dunque alla presidenza di questa Commissione di interloquire con il ministro Maroni. Non si tratta di un ufficio dell'Opera nomadi, ma di un ufficio al quale l'Opera nomadi fornisce mediatori. Dobbiamo comunicare solo tramite la stampa?
Siamo pronti, regione per regione, a costituire un ufficio attraverso un finanziamento minimo. Per ogni regione due nostri operatori, d'accordo con le prefetture, potevano operare. In questo modo si fornivano alle autorità civili i dati quantitativi e qualitativi della presenza dei Rom, precisando quali mestieri svolgono, che cosa intendano fare ed in quale habitat si trovano.
Abbiamo presentato i dati relativi al tasso di tossicodipendenza, che è molto più alto della popolazione italiana.
Per quanto riguarda la scuola, occorre parlarne subito. Non è possibile che esista un problema di sicurezza nel momento in cui chiediamo una sala al Ministero della pubblica istruzione. Di fronte ad un'emergenza così grave - decine di migliaia di bambini non scolarizzati - occorre che il ministero intervenga. Adesso viene sottoscritto il protocollo di intesa; tuttavia, non dobbiamo far trascorrere in modo vano tutta l'estate. Per la conferenza di dicembre, le direzioni scolastiche regionali devono fornire i dati: dove vi è evasione, bisogna colpire, non allontanando i bambini dai genitori, ma obbligandoli al rispetto delle regole.
Lei mi parlava dei bambini: il bambino di tre anni che lei ha visto era probabilmente il nipote. Escludiamo nel novantanove per cento dei casi un traffico di bambini generalizzato. Se si tratta di riconoscere che vi siano stati casi di pedofilia a Roma e a Milano, possiamo ammetterlo tranquillamente. Erano i nostri bravi funzionari ministeriali che corrompevano i minori Rom: ma che la pedofilia sia generalizzata per i Rom non è sostenibile. All'EUR è stato sorpreso un funzionario del ministero, in flagranza di reato con i bambini Rom (cinque anni fa).
Relativamente alla scuola, deve essere tenuta questa conferenza. Esiste un documento del Governo italiano sulla scolarizzazione, dopo tredici anni trascorsi dall'interruzione dei lavori: è stata l'iniziativa del ministro Moratti.
Siamo l'unica associazione aconfessionale e apartitica che rappresenta i Rom. Avevamo cominciato questo lavoro con il sottosegretario Carla Rocchi. Noi chiediamo in tal senso la massima severità: i grandi concentramenti vanno messi sotto controllo. Non ci piace vedere giovani musicisti Rom, anche se svolgono una bella attività. Occorre legalizzare le attività lavorative: bene diceva uno dei parlamentari sostenendo che essi non toccano il mercato del lavoro degli italiani.
In questa sede, vi chiedo dunque concretezza: aiutateci a parlare con il ministro Maroni! Qualcuno dovrà pure riceverci! Il censimento parte da questo presupposto, in accordo, poi, con il Ministero dell'interno.

PRESIDENTE. Così come ricordava l'onorevole Bolognesi, possiamo presentare una risoluzione al ministro per chiedere risposte sul problema della scolarizzazione e per invitarlo a riprendere il censimento. Quest'ultimo diviene uno strumento fondamentale per evitare il sovraffollamento indiscriminato dei luoghi di accoglienza, dove ogni controllo resta precario (questi luoghi, infatti, diventano spesso centri dove accade di tutto, a discapito sia della comunità Rom, sia di quella locale nelle vicinanze). Così, infatti, nascono fenomeni di ostilità e razzismo. Comunque, è chiaro che in prospettiva dovremo tendere alla progressiva eliminazione dei campi stessi.
Vi invito a lasciarci eventuali documenti, che saremo lieti di acquisire agli atti. Il vostro contributo ci sarà utile per la stesura del documento conclusivo dell'indagine conoscitiva. Faremo il possibile per favorire un vostro incontro con il Ministero del welfare, con quello dell'interno e con quello dell'istruzione.

MASSIMO CONVERSO, Presidente dell'Opera nomadi. Il Ministero delle pari opportunità sta lavorando molto bene e ci ha aiutato molto. La porta chiusa e sigillata è quella del ministro Maroni.

KASIM CIZMIC, Capo famiglia Rom. Vorrei soltanto sottolineare che, per quanto riguarda i permessi di soggiorno e la cittadinanza, noi siamo in Italia da tre generazioni. Vorremmo che in Parlamento ricordaste che non abbiamo una patria dove tornare perché l'Italia è la nostra patria. Con i nostri figli, siamo qui da tre generazioni, abbiamo scelto di vivere in questo paese, che consideriamo ormai il nostro. Chiediamo solo che ci aiutiate a vivere in esso regolarmente.

PRESIDENTE. Capisco il problema e condivido la necessità di una regolamentazione, l'unico strumento che può assicurare chiarezza ed evitare forme di ostilità nei vostri confronti. Vi ringrazio ancora per il vostro contributo.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,55.